Disorientati e confusi, Rhys e soci sbagliano più di una battuta
Questa che state per leggere è la recensione del terzo episodio di Tales From The Borderlands. La serie completa è composta da cinque episodi in lingua inglese. Il testo è ragionevolmente privo di anticipazioni.
Se vi è piaciuto Mad Max: Fury Road, probabilmente vi sentirete a casa davanti alle lunghe sequenze di azione iperbolica che travolgono puntualmente i protagonisti di Tales from the Borderlands. Mentre però nel primo episodio della serie queste sequenze erano perfettamente girate, in Catch a Ride sono a dire poco confuse. Qualche annoiato passaggio di mano dalla regia al giocatore risveglia l'attenzione, ma non aggiunge adrenalina alle capriole di Rhys e Fiona.
A pensarci bene, le parti migliori sono gli interludi ambientati nel presente, quando il duo racconta la sua storia al misterioso cacciatore di taglie con il cappello da contadino-samurai. Questo ci ha dato da pensare. Dal momento che siamo arrivati alla svolta centrale della serie, può darsi che la storia abbia esaurito la spinta. Le due parentesi introspettive, che dovrebbero gettare le basi per l'evoluzione di Rhys e Fiona, sono il segno che anche gli autori si sono accorti di dovere mollare un po' la presa; purtroppo non riescono a farlo fino in fondo. Provano ancora con tutte le forze a farci ridere, anche con gag già sentite, mentre sentiamo il bisogno di maggiore sobrietà. Tales from the Borderlands è prigioniero del suo stesso cliché, dell'imperativo di dovere essere spensierato e folle a tutti i costi. Rhys e Fiona invece hanno voglia di gettare la maschera, e forse lo faranno in tempo per non affossare completamente la serie. Ad ogni modo, non è qui che succede. Fatta questa premessa, la domanda adesso non è tanto dov'eravamo rimasti, ma dove stiamo andando. La risposta è boh. Non si capisce e non sembra neppure tanto importante. Sfuggiti alle macchinazioni dello spietato Hugo Vasquez, il gruppo finisce nella mani della sua socia, l'obesa Vallory. Neppure lei però riesce a mettere il gruppo alle strette, che si ritrova di nuovo in fuga, guidato questa volta da un piccolo robot sferico che sembra in grado di indicare la posizione del Vault del Viaggiatore (traduzione nostra). Da dove venivano tutti quanti? Perché devono arrivare al Vault? Le motivazioni dei vari personaggi sono andate perse per strada, e il fatto che non si senta l'esigenza di ricordarle dimostra quanto questa vicenda si riduca a una corsa forsennata in avanti. Qualche nuovo compagno si aggiunge, come l'algida Athena, una Minerva in salsa apocalittica con tanto di scudo, mentre qualcun altro muore. Ma sapete cosa, non ce ne importa un fico secco, perché Tales from the Borderlands ce la mette tutta per fare sembrare ogni evento un futile gioco. E in questo riesce benissimo.
Design effimero
C'è tempo a sufficienza in Catch a Ride per fare sfoggio di tutto il design concepito da Telltale negli ultimi anni, ovvero: pressione del tasto Q, pressione del tasto E, giro di chiacchiere con il resto della squadra opportunamente distribuito nella schermata e scelte multiple durante i dialoghi. Il sistema di gioco è ormai noto ai più, ma Tales from the Borderlands aggiunge al menù di base un paio di elementi che, in potenza, sarebbero pure interessanti, ovvero l'occhio cibernetico di Rhys e il denaro di Fiona.
Purtroppo, quando il gioco decide di usarli, emergono tutti i limiti di una produzione completamente sbilanciata sul lato della narrazione tradizionale. In Catch a Ride, Rhys deve usare infatti il suo occhio per scansionare... delle piante. Si può obiettare che l'analisi botanica è facoltativa, ma è proprio questo il problema. Che arricchimento ci porta esaminare funghi rosa troppo cresciuti? Per fortuna una rapida occhiata alla porta che ci sbarra il cammino permette di ottenere un'informazione chiave, ossia che per aprirla serve una leva, la quale per fortuna è a pochi metri di distanza. Probabilmente fa tutto parte dell'umorismo demenziale del gioco. Prendiamo invece in esame i soldi di Fiona. A un certo punto la ragazza trova una cassa piena di soldi. Se ne mette un po' in tasca, il che ha senso. Ma guarda caso nella stessa stanza c'è un distributore di vestiti, nel caso volessimo cambiare il look dei personaggi spendendo qualche dollaro. E tutto questo perché in Borderlands ci sono i soldi, perciò era necessario inserirli. Inutile citare il sistema che ci chiede di scegliere il tipo di proiettile da sparare in base al colore della pianta nemica, perché è sullo stesso piano di superficialità delle meccaniche sopra citate. Se però pensate che odiamo Telltale o questa serie, siete in errore. Ci siamo fatti diverse risate con i primi due episodi di Tales from the Borderlands, ma è una produzione molto al di sotto degli standard ai quali ci hanno abituato gli autori di The Wolf Among Us e The Walking Dead. Anzi, questa serie non è neppure all'altezza di Game of Thrones, e per un motivo molto semplice: le scelte non hanno nessun peso emotivo. Ora, comunque la si pensi sull'approccio di Telltale alle avventure, ed è sicuramente soggettivo, resta il fatto che un gioco che offre come incentivo la possibilità di fare delle scelte, dovrebbe per lo meno rendere quelle scelte difficili. In Game of Thrones è così. Nelle precedenti serie di Telltale lo stesso. Con Tales from the Borderlands non succede, ed è il limite che gli impedisce di essere poco più di un simpatico intrattenimento. Almeno fintanto che azzecca le battute.
Tales from the Borderlands - Episode 3: Catch a Ride - Il trailer di lancio
Requisiti di Sistema PC
- Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7 2600
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
- Sistema operativo Windows 7
- Requisiti Minimi
- Processore Core 2 Duo 2 GHz o equivalente
- RAM 3 GB
- Scheda video ATI o NVIDIA con 512 MB RAM
- Direct X 9.0c
- Sistema operativo Windows XP SP3
Pro
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Nonostante i limiti del motore grafico, la produzione è buona
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Strappa qualche sorriso qua e là
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Doppiaggio ottimo
Contro
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Scene di azione confuse
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Interazione superficiale
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Ha perso la sua carica di humor e adrenalina
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Le scelte non hanno nessun peso emotivo