La sera prima aveva fatto clamorosamente tardi. Tanto il turno in cui l'avevano messa era quello delle 12.30: la 'povna dunque aveva rielaborato il lutto per le giornate che si accorciano a colpi di birrette, andando a dormire ben oltre le 3 di notte, in corpo un discreto quantitativo di stravizi da smaltire. Questa mattina, mentre la sveglia martellava l'atteso e feroce mal di testa, la 'povna si è tirata a fatica giù dal letto e ha immerso la faccia intera per svariati minuti nell'acqua gelida, affidando la ripresa (come insegnano i romanzi gialli) a una pasticca di aspirina. A quel punto, rimessasi passabilmente in forma, è uscita nella calura delle 11, direzione città della scuola. Lì - dopo un caffè e un paio di chiacchiere, annunciate, con la mamma del Labrador - ha finalmente varcato il portone all'ora giusta, per ottemperare ai suoi doveri di sorveglianza agli esami di stato. Le tracce aveva fatto in tempo a intravederle su internet (leggerle, visto lo stato catatonico, è una parola grossa), direttamente da casa. Ma la lettura attenta e sistematica di tutti i fogli ha confermato (con l'eccezione del tema storico, molto bello, ma in due terzi degli istituti italici chiaramente infattibile, su Hobsbawm e il suo secolo breve) la sua impressione da postumi di sbronza: di trovarsi, cioè, alla fiera della banalità. La traccia su Ungaretti era la solita analisi di testo, senza infamia e senza lode. Ma era sul resto che i cervelli del ministero aveva provveduto a sbizzarirsi, producendo monstra storiografici come il tema sulla destra e la sinistra, o temi degni di Buona domenica, recanti l'impegnativa domanda: "Siamo quel che mangiamo?". Non mancava, a suo modo, l'atteso titolo sul nucleare in casa nostra, anche se - "lo famo strano" è sempre meglio - mascherato da saggio su "Enrico Fermi, fisico" (che, a svogerlo davvero in modo giusto, ci sarebbe stato da sudare). Chiudevano il gruppo un bel tema su "Amore, odio, passione" nell'arte e nella letteratura tutta e un bello stupro della frase sui 15 minuti di celebrità di Andy Wharrol (a proposito dei quali il candidato era invitato a riflettere sulla fama fasulla offerta dai reality, o dai social network di varia natura).
Ma, oltre a stare seduta a fare il Cerbero (e a offrire pareri non richiesti), la 'povna era lì soprattutto per loro. Perché, per la prima volta da quando è tornata a insegnare anche a scuola e non solo nell'altro mondo, quest'anno arrivavano alla maturità le classi che lei ha avuto il privilegio di avere nel biennio (nonché i suoi compagni del viaggio ai campi, che, nonostante si sia compiuto ormai il ritorno, le restano pur sempre un po' nel cuore). C'era, tutta quanta, la classe dei Matti: con Melissa al primo banco che macinava colonne su colonne, il Leone che borbottava convinto, e il Taciturno laggiù, concentrato, in ultima fila. La 'povna li ha salutati con un nocchino sulla testa, si è fatta dare il calendario aggiornato degli orali di tutti e poi è passata avanti, per andare dove le avevano detto che doveva stare. Ovviamente, però, dopo le prime due ore passate a fare quello che le veniva detto, non ha più resistito, e si è messa sua sponte un po' a girare. E' stato allora, in una pausa caffè con Woodstock alla macchinetta, che ha visto una mano, e poi un sorriso, e una testa sbracciarsi da lontano, in mezzo ai banchi: e il Boss ha palesato in questo modo il suo saluto per averla vista, e la sua soddisfazione.
"Allora, sei contento del tema che hai fatto?" - gli ha domandato lei dopo la consegna, trattenendosi un poco a chiacchiere - "mi dispiace di essere arrivata così tardi: sai, in teoria ero stata assegnata al vostro gruppo, ma poi quelli del serale mi hanno detto di andare altrove".
"Vuol dire che domani, quando viene, starà con noi e basta" - replica lui, tranquillo.
"Veramente, domani, io non sarei di sorveglianz..." - sta quasi per ribattere la 'povna. Ma poi si morde rapida la lingua.
"Hai ragione, Boss, ora vai a casa, e riposati. Noi ci vediamo domani".
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