L'incontro con un emissario delle federazione londinese è avvenuto a Sydney, coma ha raccontato al quotidiano The Guardian, dove l'ambasciatore era all'opera già con un paio di potenziali candidati australiani per sostituire Rob Andrews. Di fronte all'offerta, Gatland ha risposto pressappoco nello stesso modo di Nick Mallett, il ct azzurro, pure lui nella lista dei papapili: "Ho detto che preferivo mettere mano nell'attività di coaching e che non ero pronto per un ruolo amministrativo".
Pare che il management inglese lo abbia ricontattato, assicurandogli che in seguito ad un sì gli sarebbe stato garantito di modificare la sua posizione, il suo ruolo in ciò che più preferiva. "Ma ho ribattuto che non faceva per me", ha aggiunto l'allenatore neozelandese.
A conti fatti, la disfida a poca distanza tra Gatland e Johnson aggiunge pepe alla partita di venerdì sera. Dall'altra parte della barricata, Martin Johnson non si fa prendere dalla voglia di controbattere, non ha alzato il tiro nemmeno quando Gatland ha parlato di Hartley e non ha alcun interesse a cambiare strategia: lui è il coach dell'Inghilterra che può vincere il torneo e che porterà alla World Cup in Nuova Zelanda.
Diverso il discorso per Gatland, che comunque ha un contratto che dovrebbe legarlo ai dragoni rossi anche dopo il Mondiale di settembre. I suoi uomini sono contati, non ha quel parterre al quale attingere per sperare di procedere nel 6 Nazioni con calma, anzi la pressione è tanta dopo le opache prove dei test match di novembre. L'attenzione agonistica è tutta per la partita con gli inglesi, poi si vedrà quello che accadrà. Sensazioni diversi rispetto alle puntate precedenti, quando la vittoria sull'Inghilterra in un derby giocato alla prima giornata poteva dare il via o meno ad una cavalcata verso il primo posto finale.