Proponiamo l’articolo tratto dal blog di Ennio Franceschini, del 29.01.2011.
E’ il 1989 del Medio Oriente?
O che la rivoluzione in corso in Tunisia e in Egitto, se pure avrà successo, apra la strada a qualcosa di peggio dei regimi dittatoriali che sono esistiti sino ad ora nella regione mediorientale, l’ultima non ancora toccata a sufficienza da modernizzazione e globalizzazione: l’instaurazione di autocrazie estremiste islamiche, sul modello dell’Iran, un altro paese in cui cadde un tiranno amico dell’Occidente, lo Scià di Persia, per lasciare spazio a un tiranno ancora peggiore, l’ayatollah Khomeini, “causa di tutti i conflitti degli ultimi vent’anni in quella parte del mondo”, scrive il Financial Times. Circolano anche previsioni o perlomeno speranze più ottimistiche. Roger Cohen, columnist dell’Herald Tribune, edizione internazionale del New York Times, si augura che la Tunisia e l’Egitto possano diventare “la Turchia del mondo arabo”, democrazie dove l’islamismo è parte di un mosaico elettorale e non una minaccia, così rivelando che ”lo stanco refrain di tutti i despoti arabi, secondo cui essi sono l’unico muro contro l’islamismo estremista, è una menzogna utile solo a loro stessi”. Certo, nelle dichiarazioni dei leader occidentali si avverte il desiderio di appoggiare rivolte che difendono i valori universali di libertà, insieme alla paura di abbandonare i “dittatori amici” per ritrovarsi magari, fra sei mesi o un anno, con dittatori nemici al potere al Cairo e in altre capitali del Medio Oriente. E’ per questo che, finita l’era coloniale e cominciata la guerra fredda, l’America e l’Occidente nel suo complesso hanno appoggiato strenuamente i Mubarak e i Ben Ali, tiranni fedeli a Washington e ostili alla Jihad. Ciononostante, le rivelazioni pubblicate oggi dal Daily Telegraph sembrano indicare che anche negli Usa, il paese che dà 1 miliardo e mezzo di dollari l’anno di aiuti a Mubarak (il secondo maggiore recipiente di assistenza americana, dopo Israele), esistevano taciti dubbi sulla giustezza di una simile strategia: secondo i cablogrammi di Wikileaks, l’amministrazione Usa ha aiutato in segreto alcuni dissidenti egiziani e da loro aveva saputo già nel 2008 che si preparava la rivolta di questi giorni. Il problema di sostenere tiranni amici come baluardo contro la Jihad islamica è che questi regimi diffondono povertà, corruzione e rabbia: esattamente gli ingredienti di cui ha bisogno l’estremismo islamico per prosperare e per crescere.
Segnalazione a cura di Gianluca Brembilla.