di Gaetano Vallini
In cerca di una svolta la rassegna romana dedicata al cinema diretta da Marco Müller
Meno festival e più festaL’idea è quella di rendere l’appuntamento una sorta di Toronto europea Con un programma destinato soprattutto al pubblico
Ritorno al passato, con meno opere di nicchia e più attenzione ai gusti degli spettatori. Il Festival internazionale del film di Roma, giunto all’ottava edizione, vuole riscoprire la sua originaria vocazione popolare e fa un passo indietro, per tornare a essere soprattutto una festa del cinema. Alla ricerca di quell’equilibrio comunque non ancora trovato, dopo l’appuntamento privo di sussulti dello scorso anno, Marco Müller, alla sua seconda direzione artistica, ha infatti annunciato un cambio di rotta. Non si tratta di una sterzata definitiva, ma certamente una prima risposta a quanti chiedevano una più chiara scelta identitaria. E i più propendevano proprio per un carattere decisamente popolare e meno cinefilo, rinunciando addirittura alla gara, dopo che la scorsa edizione proprio quella dei film in concorso era stata la sezione più debole e meno convincente, marcando uno scarto imbarazzante tra l’idea iniziale e il risultato complessivo.
Jennifer Lawrence, protagonista di Hunger Games. La ragazza di fuoco
Si cambia, dunque, come è emerso ieri, lunedì, durante la presentazione del programma — che si svolgerà dall’8 al 17 novembre — con un cartellone che mantiene ancora il concorso, ma che al contempo aspira a presentarsi come vetrina internazionale prestigiosa. Infatti tra i sessantasette lungometraggi della selezione ufficiale ci sono venti film in prima mondiale, ben dodici dei quali tra i diciotto in concorso. Una ventina saranno anche le opere prime e seconde, con abbastanza Hollywood — grande attesa per il secondo Hunger Games — e una giusta dose di Italia.Nella passata edizione la scelta di una rassegna dai contorni non ben definiti fu quasi obbligata dai tempi stretti. Quest’anno — in attesa di una indicazione più netta da parte degli enti pubblici locali che affiancano la Fondazione cinema per Roma — Müller si è piegato a un festival-festa pluralistico, una formula “contradditoria”, come ha più volte ripetuto in conferenza stampa, aggiungendo che «il collante che tiene insieme il programma è soltanto l’intuizione della verità di cinema che si cela dietro ogni titolo selezionato». Incalzato dalle domande — pur sottolineando che non c’è nulla di male ad avere in Italia tre festival internazionali come Venezia, Torino e Roma e che non esistono pericolosi incroci tra gli stessi — il direttore ha rivelato la sua idea per il futuro: fare del Festival di Roma una sorta di Toronto europea, ovvero una rassegna prestigiosa dove non c’è un concorso ufficiale e l’unico giudizio che conta è quello del pubblico. Che poi è quanto chiedevano alcuni. La formula restituirebbe definitivamente alla rassegna la sua originaria identità di appuntamento destinato soprattutto al pubblico, capace di intercettare le aspettative degli spettatori e di promuovere film di qualità, di quelli che si andrebbero volentieri a vedere in sala nel fine settimana.Si partirà con un film italiano, L’ultima ruota del carro, commedia di Giovanni Veronesi, e si chiuderà con The White Storm, poliziesco cinese diretto da Benny Chan. Nel mezzo tanto cinema da ogni parte del mondo. Ci si augura di qualità.
(©L'Osservatore Romano – 16 ottobre 2013)