La Grecia ha detto no e lo ha fatto superando il 60 per cento. Una vittoria netta per Tsipras che annuncia: "Ora chiediamo un accordo per uscire dall'austerity. Vogliamo un' Europa della solidarietà". La prima volta che il popolo di uno Stato europeo è stato chiamato ad esprimersi, lo ha fatto facendo prevalere il suo dissenso. Una vittoria democratica, potremmo dire e sicuramente lo è stato. Qualunque siano gli esiti, economici e politici, questa giornata sarà decisiva per le sorti di chi continua a credere nel sogno europeo.
Ma non dimentichiamo però le colpe del governo greco, che affondano le radici ben prima delle politiche di austerity a cui ha costretto l’Europa. Con la crisi petrolifera degli anni 70, i governi dei paesi del mediterraneo e in particolare della Grecia hanno cominciato a mettere in atto politiche di indebitamento pubblico molto forti. Nel 1990 il debito pubblico greco era pari al 100 per cento del PIL ed è rimasto così fino alla fine del secolo quando la Grecia è entrata nell’eurozona. Da allora il debito pubblico è aumentato senza che parallelamente siano state portate a termine le riforme per compensare le politiche di indebitamento.
Quale lezione ci darà allora questo “no”? Non lo sappiamo ancora, possiamo leggere le previsioni degli economisti e possiamo provare a seguire gli eventi magari senza lasciarci tentare dalle facili argomentazioni dei populisti. Intanto vediamo come risponderanno domani i mercati, ma ad un certo punto qualcuno dovrà rispondere a questa domanda: chi pagherà i debiti della Grecia?
Alessia Gervasi