Sei arrivata l’ultimo giorno di giugno. Dopo una spintarella indotta. In ritardo. Come sempre da allora. Pigrissima. Come sempre da allora.
Sei uscita fuori tenendoti la testa con una manina. Paura che ti facessero cascare. Atavica diffidenza. E diffidente sei rimasta. Non ti fidi di nessuno, tranne me. Come me, del resto. Solo che io l’ho imparato strada facendo, a fidarmi solo di me stessa. Tu, sei nata già imparata.
Sei arrivata, ed è stato subito amore. Infinito, assoluto, totalizzante. Io, che coi bambini non ci avevo preso mai. Io che mi interrogavo. Ma l’istinto materno, è fisiologico? No, non lo è. Infatti come madre, giassai, sono un casino. Disordinata, caotica, sempre un po’ fuori dalle righe, dagli schemi, dai canoni che piacciono a tutta quell’altra gente. Ma sottovalutavo l’amore. Che io, su quello, problemi mai. Ho sempre amato a piene mani, persone, momenti, libri, poesie, parole. Che la vita, senza amore, è solo tempo perduto. E non farti fregare da quelli che ti dicono di economizzare sull’amore, per soffrire meno. L’amore è amore. E ti riempie la vita. A prescidere.
E come avrei potuto non perdermi con te. Che da cinque anni mi osservi come una divinità autoconvocata, e io ogni giorno mi aspetto che scopra anche tu l’unica vera certezza che domina la mia vita, e cioè che sono una stordita e una gran cazzara
Tu con le tue timidezze, le tue parole difficili. Il tuo preferire i grandi e i piccini, ma non i tuoi coetanei. E tutti pensano è timida. e io so che, semplicemente, ti annoi. Ma è un segreto tra noi, e mica sempre possiamo dire tutto, nevvero?
E adesso hai cinque anni. E vorresti essere più grande. E invece ti guardo e vorrei che non crescessi mai. E so che non è giusto. E ti sprono ad andare. A essere libera e indipendente nella tua dimensione di cinquenne.
Buon compleanno, amore mio.