R.: “Nonna, hai sentito il papa? ha scritto nel suo libro che non c’erano il bue e l’asinello nella grotta…,”
N.: “Mappepiacere… e come se scallea quillu cristiano?”
Ecco, mia nonna ha 85 anni e da sempre sa che in quella grotta, assieme ad una donna “scelta” e ad un uomo, a cui invece non era stata data scelta, c’erano anche un bue ed un asino. Come lei credo infiniti altri anziani, adulti, bambini, animali e creature terrestri.
Molti di voi ricorderanno, come me, l’allestimento divertente e sacrale nello stesso tempo di un numero considerevole di presepi. Ecco, ripensate all’attenzione che canticchiando “… e venne in una grotta al freddo e al gelo…” ci mettevate nel riprodurre esattamente quello che “qualcuno” aveva riportato sapendo come erano andate le cose…
Ora, visto che sono grande, visto che amo credermi pensante e visto che è natale: parliamone… Mi chiedo per quale ragione, dopo più di duemila anni sia stato deciso che: no, loro non c’erano!
Ho desiderato io stessa – per la prima volta in vita mia – di leggere quel Suo libro. Così, per intercessione di una gentilissima persona, me lo sono visto arrivare a casa fresco di stampa: copertina bianca, cornice oro, titolo nero, nome dell’autore rosso cardinalizio. Premetto, con molta modestia, che io non sono né una critica letteraria né certamente una studiosa di teologia. Sono una donna di trentadue anni che non è cattolica più o meno dall’età della ragione e che cerca di guardare a quello che le succede intorno con occhi sempre critici e credo, per esempio, in Geronimo Stilton e nella sua Topazia.
Leggendo ho tentato il più possibile di essere obiettiva, di non cedere ad alcun condizionamento e di non cadere in tentazione. E’ stato difficile, lo ammetto; l’autore ci impegna in un confronto tra il vecchio testamento di Luca e il nuovo testamento di Matteo, ci racconta come è nato Yhwh, da chi è stato annunciato, da chi è nato, perché è nato; propone delle sue considerazioni (sue e basta o del suo ruolo? Ovvio, Lui E’ il suo ruolo) insomma, nulla di nuovo. La lettura non mi ha aiutato a trovare la fede e, a mio modesto parere, non è affatto un testo di facile comprensione, Voi direte: “vabbè, ma che pretendeva questa?”. Nulla in realtà, però questo conferma che autori così posso permettersi di scrivere proprio di tutto. Ribadisco, anche che il caro bue e il simpatico asinello non siano mai esistiti, almeno in quella grotta al freddo al gelo.
L’unica cosa su cui mi sono ritrovata a riflettere per l’ennesima volta (ma questo per mia spiccata predisposizione) è il valore del credo: quell’idea che diventa importante, che genera appartenenza, che guida azioni e intenzioni. Spesso credere diventa catarsi perché, in fin dei conti, ci si salva credendo. Alzo gli occhi al cielo, poi mi guardo le mani ed io non porto anelli…
Posto questo allora la gente crede a prescindere? Crederà anche quando oltre al “riscaldamento” avranno fatto una bella X su tutto il presepe?
Io dico di sì. Tanto quando arriva signor Natale, zitto zitto e col suo sorrisetto diabolico, si corre alla ricerca di un dono/di due doni/di tre doni/di quattro doni… perché si sa che se te lo fanno, devi rifarlo eh. Si prepara cibo che verrà riproposto in avanzi per giorni e giorni anche dopo il lieto evento; nelle scuole i bambini recitano la parte di Giuseppe, le bambine si sentono piccole madonne (quest’anno sicuramente i bambini che avrebbero dovuto fare il bue e l’asinello rivestiranno il già inflazionato ruolo del pastore) nessuno sa come realmente siano andate le cose, compresa mia nonna, ma stanno a quanto detto perché altrimenti è peccato.
Torniamo ai nostri, da sempre presenti, animali nella stalla; sembra siano stati scritti solo “come rappresentazione dell’umanità…” e dunque, ancora una volta, questa come altre mille interpretazioni, mille probabilità, mille eventualità…
Bene, vi sarò sembrata di parte ed in realtà lo sono però se uno decide di raccontare una favola allora la deve raccontare bene e con tutti i personaggi al loro posto, ancor di più se si ha la responsabilità del senso di appartenenza di qualche miliarduccio di persone… Ah e che nessuno si sogni di venire a dirmi che quel simpatico topino umano che vive su un’isola fatta a forma di formaggio e che di professione fa il giornalista, non esiste!