E’ l’annuncio della morte della sua Chiesa.

Da Suddegenere

 ”" di Franca Fortunato dal Quotidiano della Calabria del 20.10.2011

   SU QUESTO giornale leggo che a San Giovanni in Fiore c’ è un certo don Emilio Salatino, parroco della Santa Lucia, che ogni volta che nel locale ospedale c’è una donna che sceglie di non portare a termine la gravidanza, lui suona le campane a morto   e lo fa fuori dagli orari usuali dei funerali, forse per attirare di più l’attenzione sulla donna che ha abortito, esponendola così a pubblico ludibrio. Non conosco quest’uomo, questo novello inquisitore che pensa di avere l’autorità di giudicare, condannare e punire, come se fosse Dio in terra, ma sono certa che le donne di quel paese, a me noto per la sua storia di lotte e battaglie di civiltà e di progresso, sapranno rispondere alla sua arroganza misogina, che non ha nulla di cristiano e di evangelico.   Quest’uomo non ha ancora capito di essere solo un uomo, nient’altro che un uomo, l’essere prete non gli dà niente di più e niente di meno di un qualsiasi uomo. Nessun uomo ha più l’autorità  di giudicare e condannare la scelta di una donna di abortire, né di stabilire quello che una donna deve o non deve fare. Anche i preti sono soggetti al riconoscimento d’autorità da parte delle donne, senza nascondersi dietro il divino, che non ha niente a che vedere con le loro scelte, i loro giudizi e pregiudizi.   Sono finiti i tempi in cui la parola maschile era autorità per una donna. L’autorità un uomo, se la vuole, se la deve conquistare nel rapporto e nella relazione, nel rispetto e nell’amore.   Quando, gli uomini di chiesa, come don Emilio, si convinceranno di essere uomini, nient’altro che  uomini?   Quando abbandoneranno arroganza e supponenza nel parlare di cose che non conoscono e non capiscono, rifugiandosi dietro ideologie che generano violenza? La storia è piena della violenza ideologica. Usare le campane di una chiesa per annunciare a tutti che da qualche parte una donna ha abortito, non è certamente segno di amore cristiano. Fare la guerra alle donne non è certamente segno di pace, per chi predica la pace .   Quel  suono di campane non è meno violento della distruzione,  da parte di giovani uomini violenti, della statua della Madonna a Roma il 15 ottobre. Calpestare la dignità e la libertà di una donna ed esporla a pubblico ludibrio non è meno violento di quel gesto iconoclasta che, ne sono certa, anche don Emilio ha condannato. Ma quei violenti saranno pure figli di qualcuno?    Il suono di quelle campane non è altro che una delle troppe manifestazioni di miseria maschile di cui siamo testimoni in quest’epoca. Non ci sono parole che possano giustificare la violenza, come ogni altra, di quelle campane. Di fronte al suono a morto di quelle campane  ogni altro sentimento, che non sia di sdegno e di rabbia,  ammutolisce e la violenza ha il sopravvento.   Non mi sembra il massimo per chi dovrebbe praticare e non solo predicare la nonviolenza. Tacciano le campane e si lasci parlare la lingua dell’amore. Ma non credo che quel prete, nel suo furore ideologico, voglia questo. Così non credo che, in questa occasione, serva  argomentare quanto noi donne scriviamo da anni sull’aborto, che è uno scacco, una violenza che subiamo sul nostro corpo, e non un  diritto, sulla legge 194 che tutela la salute della donna solo negli ospedali pubblici, lasciando il reato di aborto fuori da quelle strutture, sulla libertà di ogni donna di scegliere se, quando, come e con chi diventare madre.   Quando un prete fa suonare le campane a morto contro una donna, il suo gesto parla da sé e mostra  tutta la miseria umana e spirituale di cui è capace.  Quel prete non si accorge che, in realtà, sta annunciando la morte della sua chiesa.”"

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