Parafrasando una stupenda canzone "e la chiamano estate", mi viene da pensare che il titolo più appropriato per il nostro settore è "e la chiamavano estate"! Nel passato, e neanche tanto lontano, si arrivava a ferragosto stremati ma soddisfatti. A maggio entravi in una sorta di "tunnel" da cui uscivi solo alla fine di agosto. Non era un tunnel buio e senza luce, bensì erano mesi in cui il lavoro ti assorbiva talmente da farti dimenticare gli amici, la famiglia, gli appuntamenti mondani, però ne eri consapevole. Sapevi che nella vita avevi fatto una scelta professionale ed eri ben cosciente che, lavorando nel turismo, inevitabilmente avevi il picco del lavoro nel periodo estivo. Erano giornate e settimane faticose, stressanti, al limite della resistenza. A volte, si aveva la sensazione di essersi dopati, perché capitava che alle sette di sera, dopo una giornata estenuante, avevi ancora l'agenzia piena, i clienti in attesa, e tu ce la mettevi tutta, sapevi che quelle persone erano lì per te, qualcuno li aveva indirizzati nel tuo ufficio e tu non potevi deludere la loro aspettativa. Tiravi un respiro, bevevi un bicchiere d'acqua per sanare la sete, accumulatasi in giornate di "trattative" verbali, di telefonate con i "booking" per cercare le disponibilità e di nuovo lì a consultare insieme il catalogo di viaggi, a confrontare i prezzi tra un opuscolo e un altro, a cercare di capire cosa volesse veramente il cliente per prospettargli la migliore vacanza. E alla fine della giornata, quando pensavi agli amici che magari già stavano uscendo per trascorrere una serata all'aria aperta, ti ricordavi che c'era da chiudere la contabilità e quindi non potevi ancora uscire; la giornata si protraeva, nella speranza che tutti i conteggi quadrassero. Nonostante tutto, la mattina dopo ti svegliavi dentro con una carica, con una grinta, con un forte desiderio di arrivare in agenzia, prima che arrivassero i clienti, per sistemarti la scrivania ed intanto cominciavi a sbirciare fuori e vedevi che si stava formando una fila, tipo ufficio postale. Ricordi nostalgici di un "vecchio agente di viaggi" che, nonostante l'avvento di internet e di tutte le conseguenze positive e negative della "rivoluzione tecnologica", continua ad amare questo lavoro, a trasmettere a chi gli si si siede di fronte il suo entusiasmo, la sua passione, che non è il "falso sorriso" di chi ti adula per poi fregarti. Lo stesso mio entusiasmo è quello che hanno anche le "compagne di scrivania" con le quali collaboro, anzi forse loro ne debbono avere ancor più del mio, dovendosi dividere tra impegni familiari e quelli professionali. E' vero che oggi più di ieri, capitano momenti di sconforto, quasi di frustrazione di fronte ad alcuni clienti che pensano che "navigare" su internet possa essere sostitutivo di anni di esperienza, di competenze, di conoscenza di regole tariffarie, di norme legislative, ma d'altro canto questa è anche l'epoca in cui tutti ci vogliamo sentire "protagonisti", non vorremmo "delegare" ad altri la gestione della nostra vita e quindi anche questi clienti debbono avere il "loro momento d'importanza", nel pensare di essere stati più bravi di te, più "furbi" di te.
Parafrasando una stupenda canzone "e la chiamano estate", mi viene da pensare che il titolo più appropriato per il nostro settore è "e la chiamavano estate"! Nel passato, e neanche tanto lontano, si arrivava a ferragosto stremati ma soddisfatti. A maggio entravi in una sorta di "tunnel" da cui uscivi solo alla fine di agosto. Non era un tunnel buio e senza luce, bensì erano mesi in cui il lavoro ti assorbiva talmente da farti dimenticare gli amici, la famiglia, gli appuntamenti mondani, però ne eri consapevole. Sapevi che nella vita avevi fatto una scelta professionale ed eri ben cosciente che, lavorando nel turismo, inevitabilmente avevi il picco del lavoro nel periodo estivo. Erano giornate e settimane faticose, stressanti, al limite della resistenza. A volte, si aveva la sensazione di essersi dopati, perché capitava che alle sette di sera, dopo una giornata estenuante, avevi ancora l'agenzia piena, i clienti in attesa, e tu ce la mettevi tutta, sapevi che quelle persone erano lì per te, qualcuno li aveva indirizzati nel tuo ufficio e tu non potevi deludere la loro aspettativa. Tiravi un respiro, bevevi un bicchiere d'acqua per sanare la sete, accumulatasi in giornate di "trattative" verbali, di telefonate con i "booking" per cercare le disponibilità e di nuovo lì a consultare insieme il catalogo di viaggi, a confrontare i prezzi tra un opuscolo e un altro, a cercare di capire cosa volesse veramente il cliente per prospettargli la migliore vacanza. E alla fine della giornata, quando pensavi agli amici che magari già stavano uscendo per trascorrere una serata all'aria aperta, ti ricordavi che c'era da chiudere la contabilità e quindi non potevi ancora uscire; la giornata si protraeva, nella speranza che tutti i conteggi quadrassero. Nonostante tutto, la mattina dopo ti svegliavi dentro con una carica, con una grinta, con un forte desiderio di arrivare in agenzia, prima che arrivassero i clienti, per sistemarti la scrivania ed intanto cominciavi a sbirciare fuori e vedevi che si stava formando una fila, tipo ufficio postale. Ricordi nostalgici di un "vecchio agente di viaggi" che, nonostante l'avvento di internet e di tutte le conseguenze positive e negative della "rivoluzione tecnologica", continua ad amare questo lavoro, a trasmettere a chi gli si si siede di fronte il suo entusiasmo, la sua passione, che non è il "falso sorriso" di chi ti adula per poi fregarti. Lo stesso mio entusiasmo è quello che hanno anche le "compagne di scrivania" con le quali collaboro, anzi forse loro ne debbono avere ancor più del mio, dovendosi dividere tra impegni familiari e quelli professionali. E' vero che oggi più di ieri, capitano momenti di sconforto, quasi di frustrazione di fronte ad alcuni clienti che pensano che "navigare" su internet possa essere sostitutivo di anni di esperienza, di competenze, di conoscenza di regole tariffarie, di norme legislative, ma d'altro canto questa è anche l'epoca in cui tutti ci vogliamo sentire "protagonisti", non vorremmo "delegare" ad altri la gestione della nostra vita e quindi anche questi clienti debbono avere il "loro momento d'importanza", nel pensare di essere stati più bravi di te, più "furbi" di te.
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