Per il povero Camillo Langone (e per tutti quelli come lui... e sono tanti) non c'è tregua. Queste femministe del nuovo millennio (così colte e poco propense a lasciarsi ingravidare) non vogliono proprio lasciarlo in pace. Adesso ci si mettono anche con la storia del cognome materno: proprio ieri, infatti, c'è mancato poco che alla Camera si votasse la proposta di legge che prevede la possibilità, anche per un bambino nato all'interno di un matrimonio, di prendere il cognome della madre. Per fortuna che il nostro è un Paese tradizionalista: così, grazie alle proteste e all'ostruzionismo di alcuni gruppi parlamentari, il voto è stato rimandato.
Il pericolo, comunque, è sempre in agguato - e Langone, per scongiurarlo, è costretto a levare frequenti preghiere al suo temibile Dio vendicatore. Preghiere come questa, per intenderci - pubblicata su "Il Foglio" (e dove, altrimenti?) lo scorso 19 luglio:
Vi ricorda qualcosa? La donna come contenitore, come utero da riempire (magari a forza); l'uomo come padre-padrone, generatore di vita (non insieme alla donna; ma nonostante lei) e dispensatore di leggi che dovrebbero restare inalterate nel corso dei secoli...
Dovrebbero, appunto. Perché, di fatto, la virilità veterotestamentaria a cui ambisce il povero Langone è messa a dura prova da queste nuove forme di misandria. Misandria, sissignori! Come definire altrimenti tutte le limitazioni che sono state imposte al maschio moderno nel corso dei decenni? Privato del suo potere di disporre della vita e del corpo di mogli e figli; perseguitato ogniqualvolta cerchi di far valere gli antichi privilegi su queste donne così dure, così "cattive"... che cosa può fare, se non tentare di difendere gli ultimi baluardi di autoritarismo? Possedere i figli (giacché le donne, queste sciagurate, si sono messe in testa di appartenere a se stesse), apporre su di loro un marchio indelebile, fare fronte comune contro tutto questo nuovo-che-avanza. Poiché i figli, si sa, non sono il risultato di un sentimento d'amore e di reciproco rispetto fra un uomo e una donna; bensì una proprietà inalienabile, da reclamare con forza e determinazione (ma senza spendere un soldo: da notare l'annotazione sulla vergogna degli assegni di mantenimento).
Michela Marzano dovrebbe pensarci bene, prima di sobillare le donne e le madri: indebolita la virilità italica, non ci resta altro destino, se non quello dell'invasione islamica. Ma, d'altronde, da una laureata che incita le sue consimili a non lasciarsi soffocare all'interno della coppia (in questo articolo su "Vanity Fair")... che altro mai potremmo aspettarci, se non una drammatica sovversione dell'ordine costituito?