I Jefferson e il Meltin’ Pot. Concetto principe della storia sociale statunitense, il Meltin’ Pot (letteralmente = ciotola in cui mischiare) entrò nella mia vita grazie ad una marca di jeans che mia madre mi comprò al mercato: eravamo alla metà degli anni Ottanta, e nel mio mondo di bimbo non potevo dare troppa importanza alla storia del Meltin’ Pot, alla sua
evoluzione, e all’importanza che questa parola ha avuto nell’ultimo cinquantennio di vita a stelle e strisce. Ricordo il divano su cui strofinavo i miei jeans, ricordo la tivvù che prima di cena dava i Jefferson (serie americana girata dal 1975 all’85). Ecco, oggi è come se tutti questi puntini si fossero idealmente congiunti. Se n’è andato infatti Sherman Hemsley, al secolo George Jefferson, all’età di 74 anni. Jefferson, burbero marito di Whizzy e proprietario di cinque lavanderie newyorkesi, grandissimo personaggio (proprio perché sempre in bilico tra positività e negatività), rappresentava il simbolo di cambiamento della nuova realtà statunitense, quella dei libertari Settanta. Schietto, tagliente, e per nulla politically correct, come il suo successore Bill Cosby e i suoi Robinson che sapevano di famiglia da Mulino Bianco (quelli erano già anni 90, c’erano già Michael Jordan e Denzel Washington, e la storia era completamente diversa), Sherman e il suo George avevano ormai abbandonato il buonismo tipico della sofferenza figlia della discriminazione, lasciando spazio ad un cinismo metropolitano e a una voglia di ascesa sociale, come se il signor Jefferson avesse “colorato” tutti quei vizi e quelle tendenze che fino a poco prima erano esclusivo patrimonio dei bianchi, tanto da risultare, a tratti, un borioso classista.


Si dice che la vera rottura dei Jefferson rispetto al passato fu nella decisione di abbandonare i temi squisitamente politici. In realtà, più che di un abbandono, si tratta di una metamorfosi: si cercò di inserire spunti di riflessione tra le righe del quotidiano, in mezzo ad una discussione sul lavoro che stanca, o sulla cameriera che rompe troppo le scatole. In questo modo, l’effetto “politico” della sceneggiatura non risultava invadente e, semmai, a tratti molto più ficcante: «Impossibile che lei sia il signor Jefferson e che sia proprietario di questa casa –dice Diana, l’amica cameriera di Whizzy, durante la primissima puntata – Non è grosso come Cassius Clay, ed è troppo vecchio per essere una star del rock», con ovvio riferimento alle uniche alternative che, fino ad allora, i neri avevano per tentare di essere riconosciuti “alla pari”, e guadagnarsi un dignitoso spazio sociale.


(Pubblicato su Gli Altri Online del 26 luglio 2012)





