Lungo il corso della vita, il Norodom Sihanouk ha mantenuto un rapporto privilegiato con la Cina, come dimostrano i sempre più lunghi soggiorni a Pechino degli ultimi tempi. La casa regnante ha infatti sempre rappresentato i poteri forti filocinesi, contrapponendosi alla realpolitik – un tempo filosovietica e filivietnamita – dell’attuale premier Hun Sen dall’occhio di vetro: il vero uomo forte del Paese asiatico – inevitabilmente con passato giovanile di Khmer rosso – considerato in patria un eroe di guerra, per essere stato ferito più volte in battaglia.
L’attuale re della Cambogia, Norodom Sihamoni
Un legame, quello tra Pechino e Phnom Penh, che ha consentito al popolo khmer di evitare un abbraccio troppo stretto (per carità, amichevole) con l’Occidente – Stati Uniti e Francia in testa – ben entusuasti di giocare a fare di nuovo i colonizzatori, senza rischio di perdite. Così oggi il Governo cambogiano da un lato sottoscrive le svariate convenzioni internazionali (spesso inapplicate) tanto care ai «Paesi civili» del mondo industrializzato – ricavandone indubbi benefici – e dall’altro si fa portavoce delle istanze cinesi all’interno dell’Asean (Association of south-east asian nations), ricevendo in cambio ingenti investimenti.
Quegli stessi investimenti tanto criticati in Occidente perchè politically incorrect, in primis le megacostruzioni che hanno alterato lo skyline della capitale, l’affascinante «perla d’Asia».
(Francesco Giappichini)