E' morto Pino Daniele, l'artista della Napoli multietnica
Creato il 05 gennaio 2015 da Gaetano63
Di Gaetano ValliniQuando i primi accordi di I say i' sto ccà cominciarono a fluire dagli stereo e dalle radio si capì subito che Nero a metà, terzo long playing di Pino Daniele, sarebbe rimasto nella storia della musica italiana. Era il 1980, c’era ancora il vinile, e quell’album potente e poetico, istintivo e ricercato, sanciva la definitiva consacrazione di un artista poliedrico, innovativo nel panorama dei cantautori nostrani. Un salto in avanti che avrebbe riportato alla ribalta non solo nazionale la musica napoletana; non quella classica ma quella di una Napoli sempre più multietnica. Pino Daniele si è spento nella notte, a 59 anni, colpito da un infarto mentre si trovava in Toscana. Ma Napoli era la sua città, la sua musa; una radice forte, viscerale, dalla quale non aveva mai voluto staccarsi, anche se amava le sonorità americane (blues soprattutto ma anche jazz, funky, rock) e le contaminazioni musicali che in molti allora tentavano ma che solo a pochi riuscivano magiche. Del resto già in quel titolo, in quel “nero a metà” si svelava la doppia anima dell’artista: un bianco dal cuore nero che era riuscito nell’intento di fondere il blues degli afroamericani con la musica popolare napoletana, facendo diventare quel nuovo, inconfondibile sound il simbolo del meticciato sociale, culturale e artistico di una città. E non a caso tra i musicisti che lo accompagnarono nell’impresa – e che di recente aveva voluto di nuovo con lui proprio per celebrare quel disco in un concerto evento all’Arena di Verona – c’era anche James Senese, sassofonista nero, figlio di madre napoletana e di padre americano (arrivato in Italia con le truppe statunitensi durante la guerra). Il 19 settembre 1981 Daniele, con la sua band arricchita da altri nomi noti del panorama musicale partenopeo, visse l'apoteosi in piazza del Plebiscito con un concerto davanti a duecentomila persone. Era l’affermazione del “Neapolitan Power”, che portò ad altri dischi di valore con incursioni sonore in terra d’Africa e in Brasile e a nuovi brani rimasti celebri, dischiudendogli il successo anche oltre i confini italiani, con le collaborazioni con artisti del calibro di Wayne Shorter, Chick Corea, Pat Metheny, e i concerti su palcoscenici prestigiosi come quelli dell'Olympia di Parigi e del Festival di Montreux. Da napoletano non poteva non essere affascinato dal quasi coetaneo Massimo Troisi – anche lui scomparso prematuramente - che, dopo i successi televisivi con il gruppo comico “La smorfia”, in quegli stessi anni stava compiendo al cinema un’operazione quasi analoga, rinnovando la commedia napoletana. Il contatto tra i due fu quasi inevitabile e portò a una salda amicizia sfociata nelle colonne sonore di tre film e della bellissima canzone Quando, scritta a quattro mani.Pino Daniele - ventitré dischi in studio e sei dal vivo – aveva la musica nel sangue e non ha mai smesso di sperimentare, con la sua chitarra e con la sua voce sottile, tutt’altro che blues, ma ricca di fascino. E con quella voce così particolare aveva raccontato la sua città, la sua anima, riuscendo a mostrarne la bellezza pur senza nasconderne difetti e problemi: Napule èresta un capolavoro ineguagliato, il paradigma di una carriera iniziatasi proprio tra i vicoli di Napoli per approdare sulla scena mondiale e che forse si è fermata troppo presto. (©L'Osservatore Romano – 6 gennaio 2015)
Potrebbero interessarti anche :