La notizia è giunta nella tarda serata di ieri, venerdì 19 febbraio 2016, ed ha rattristato tutti. Poco prima si era appreso della morte di un’altra grande della letteratura, Harper Lee, autrice del mitico “Il buio oltre la siepe”, romanzo indelebile e capolavoro assoluto. Quasi se le persone che hanno reso grande il mondo letterario si fossero date appuntamento, e che le cose tristi debbano accadere tutte insieme.
Con la morte di Umberto Eco il mondo è rimasto orfano di una delle sue figure contemporanee più importanti, per quanto riguarda la cultura. A noi tutti mancherà il suo occhio arguto e comunicatore. Umberto Eco aveva 84 anni, essendo nato il 5 gennaio 1932 ad Alessandria, in Piemonte. Figlio di un negoziante di ferramenta, intraprende studi classici, impegnandosi nell’allora ramo giovanile dell’Azione Cattolica, che presto però abbandonerà. Durante gli studi universitari su Tommaso d’Aquino, avviene una frattura ed egli smette di credere in Dio. Lasciando definitivamente la chiesa cattolica, afferma: “Si può dire che lui, Tommaso d’Aquino, mi abbia miracolosamente curato dalla fede”.
Laureatosi in filosofia nel 1954 all’Università di Torino, ha iniziato ad interessarsi di filosofia e cultura medievale. Tale campo d’indagine non è stato mai più abbandonato, così come lo studio semiotico della cultura popolare contemporanea e l’indagine critica sullo sperimentalismo letterario e artistico. Il suo primo libro, pubblicato nel 1956, è proprio un’estensione della sua tesi di laurea “Il problema estetico di San Tommaso”.
Filosofo, semiologo, romanziere e grande esperto di comunicazione, questo era in sintesi Umberto Eco. Mai mancando d’interesse nei riguardi della politica, è stato collaboratore storico di Repubblica e de l’Espresso. Da poco aveva anche lanciato una nuova casa editrice “La nave di Teseo”.
Sono tante le cose che possiamo ricordare di lui. Per esempio che nel 1988 aveva fondato il Dipartimento della Comunicazione all’Università di San Marino; nel 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna.
Oltre a saggi di estetica medievale, linguistica e filosofia, Eco è conosciuto e ricordato per i suoi romanzi, che hanno ottenuto uno straordinario successo. Fra tutti, “Il nome della rosa” del 1980, suo primo romanzo e divenuto in breve tempo un bestseller internazionale, con 14 milioni di copie vendute. Opera pluripremiata, che ha al suo attivo anche un Premio Strega. Lo conosciamo un po’ tutti anche per la riuscita trasposizione cinematografica del 1986, avente il fascinoso Sean Connery nel ruolo del protagonista, frate Guglielmo Da Baskerville.
Da qui parte la sua prolifica arte di romanziere, che vede nel 1988 un altro libro di successo, “Il Pendolo di Foucault”.
Dal 2010 Umberto Eco era socio dell’Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Statistiche e Filosofiche.
Il suo ultimo libro, “Numero Zero”, è stato pubblicato nel 2015 da Bompiani, proprio nel giorno del suo compleanno. Al passo coi tempi, negli anni, lo scrittore ha parlato molto dei social, scatenando forti polemiche per la frase: “danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Espressione dura, senza dubbio, ma come dargli torto?
Mentre penso che tante siano le cose che ho tralasciato, cercando di rendere omaggio, nel mio piccolo, a questo grande uomo venuto a mancare, non posso fare a meno di riportare un concetto che ho sentito ieri sera, da parte di chi lo ha conosciuto. Riferito proprio ad Eco che scriveva un libro, in media, ogni sette anni. Lo scrittore aveva presagito che “Numero Zero” sarebbe stato l’ultimo, e aveva proprio esternato questa sua idea nel corso di un evento.
Quella dignità che sanno avere i grandi, anche nel momento del congedo.
Written by Cristina Biolcati