Magari fosse vero, magari potessimo, Dio negando, dissolvere tutto ciò che ci rende schiavi come spuma nella risacca, come sperma perso che non ha preso bene la mira e si disperde disperato in ognidove ma non lì, nel luogo dove preferirebbe.Ma negare Dio è un compito immane, perché gli idoli riemergono da tutte le parti, magari ancor più tignosi di Dio stesso, che finché rimane nell'iperuranio, impassibile niente, rimane una garanzia per non idolatrare le mezzeseghe umane che ci intasano mediaticamente il cervello.Abolire Dio è un po' abolire se stessi - perché se si deve negare Dio per idolatrare l'uomo si rischia d'impazzire o di far impazzire gli altri.Sarebbe meglio dissolversi noi, allora, cupio dissolvi, essenza dell'essere che si ripone, si nasconde, come la natura d'altronde ama nascondersi, Eraclito dixit.Scrive Paolo (Filippesi, 1, 23-24)
Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.Capita a tutti di sentirsi alle strette e di provare simili desideri: sciogliersi dal corpo, ma non tanto per essere con Cristo, quanto per liberarsi dalla schiavitù dell'
IO-vs-ALTRISciogliersi negli altri e non legarsi agli altri, per stabilire relazioni di autentica reciprocità e non di contrastato mimetismo: modello-discepolo, padrone-schiavo, coquette-spasimante.E l'unico mezzo che abbiamo per sentirsi sciolti negli altri è la carne; la carne diventa necessario tramite, corpo che aderisce alla terra e non la subisce; e le lacrime diventano linfa vitale per sconfiggere una deprecata solitudine.