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E noi che siamo gente di riviera

Creato il 27 maggio 2012 da Ilgrandemarziano
E noi che siamo gente di rivieraNon hai ancora cominciato a leggere e c'è già una cosa che ti colpisce come un (apparente) ossimoro. Perché se il titolo è Uomini di riviera, sulla copertina c'è (solo) il profilo di una donna, forse una ragazza, seduta sul muretto di un lungomare. E questa osservazione da già per certi aspetti la cifra del romanzo, ovvero la misura di quanto le vite di questi uomini, un gruppo di amici sui quarant'anni della riviera adriatica alle prese con i labirinti di una generazione che cerca in qualche modo di trovare la realizzazione di se stessa (ma che forse ha anche paura di farlo, come di diventare adulta), siano crucialmente condizionate dalle loro controparti femminili, unico faro possibile delle loro esistenze. Perché il tema fondante di questo bel libro di Roberto Sturm è proprio la complessità, la variegatezza, la difficoltà, l'importanza dei rapporti umani, e in particolare di quelli di coppia, rispetto al ruolo che giocano nella realizzazione di ognuno di noi, e che a sua volta il destino gioca nell'esito di ognuno essi.
Sotto questa prospettiva gli uomini di riviera emergono dal minimalismo del loro ambiente solo apparentemente provinciale (la riviera del titolo), dai loro treni, dai loro aperitivi, dalle loro relazioni clandestine e non, dalle loro passioni letterarie, musicali e cinematografiche, dalla monotonia abitudinaria, quasi rituale - e da questo punto di vista consolatoria - delle loro giornate, per costruire una sorta di mitologia generazionale che finisce per dare una rappresentazione di tutti gli uomini di questi tempi, o per lo meno di una bella fetta di essi. E per fare questo Sturm ha adottato uno stile narrativo interessante e anche molto coraggioso, quasi sperimentale, che restituisce al romanzo la freschezza di un'originalità inaspettata rispetto a un tema invece così apparentemente ordinario e minimale, ovvero quella di descrivere i rapporti tra i personaggi e quindi anche le loro storie, quasi interamente attraverso il discorso diretto, un discorso diretto nudo e crudo, molto realistico, frammentario, pieno di frasi tronche, reticenze, salti di palo in frasca, equivoci, passaggi a volte non perfettamente chiari, esattamente com'è (imperfetta) la comunicazione tra umani.
Interessante perché la scelta è già una suggestione forte rispetto a quanto la comunicazione tra le persone, ma in questo caso ancora di più nell'ambito delle relazioni di coppia, sia capace, da sola, a determinare a tutti gli effetti la qualità dei rapporti stessi e dunque anche i loro esiti e le modalità di riverbero nelle vite dei protagonisti. In altre parole in questo modo Sturm ci dice che in fondo nelle relazioni la comunicazione è tutto e, conseguentemente, che la sua intrinseca difettosità le rende a volte difficili e complicate, se non addirittura impossibili, oltre ogni capacità di risoluzione. Coraggioso perché tecnicamente non è sempre semplice mantenere alta l'efficacia e il realismo di un discorso diretto e, nel contempo, dare la giusta comprensione degli eventi e dei contesti. Ed è da questo punto di vista che il libro chiede molta attenzione al lettore, perché non sempre è facile orientarsi in questo nutrito campionario di voci che cambiano di volta in volta. Cambiano i nomi, cambiano le storie, cambiano le circostanze e a volte si rischia di perdere un po' la bussola, probabilmente anche a causa proprio della deliberata riduzione all'osso del discorso indiretto che nella narrativa è quello che spiega e fissa nella mente del lettore i punti di riferimento, assai più di quanto possa fare quello diretto.
Eppure, questo effetto, che in prima battuta può suonare come un piccolo difetto che forse poteva essere in parte aggirato adottando nomi meno comuni per i personaggi, alla fine contribuisce a dare un'interessante sensazione di coralità all'opera, come se le storie di tutti questi uomini, peraltro qua e là sapientemente intrecciate, siano in realtà davvero un'unica storia, la storia di una generazione complicata, forse non a caso piccolo borghese, forse non a caso tendenzialmente schierata a sinistra, forse non a caso qui descritta in una sonnacchiosa atmosfera di provincia, che nel suo non sapersi perdonare, nel suo non sapere ballere, nel suo sapere troppo aspettare, sembra uscita dritta da una canzone di Fossati per andare a farsi il solito martini nei bar davanti al mare.
Un estratto:
E' da poco passata mezzanotte quando arrivano i dessert. Sesamini con la Malvasia. Il locale si è svuotato. Oltre a loro due c'è rimasto solo un altro tavolo.
- Non li avevo mai assaggiati questi biscottini.
- Sono fatti per la Malvasia. Devo ricordarmi di portarne un po' ai miei amici.
- Sei curioso. Parli sempre al plurale. Tu e i tuoi amici. Sembra che siete una cosa sola.
- Siamo molto uniti. Condividiamo gli stessi interessi, gli stessi gusti.
- Le stesse abitudini, mi pare. I tuoi amici non vengono mai con te?
- Qualche volta sono venuti. Ma sai, qualcuno è sposato o ha la donna. Qualcuno è anche più pigro di me. Se li conoscessi potresti sorprenderti della mia vitalità.
- Gli intellettuali sono sempre pigri e di sinistra. Letteratura, cinema, musica. Ma non vivete mai?
- Cos'è vivere? Io non l'ho ancora scoperto.
Uomini di riviera, di Roberto Sturm (Edizioni Italic Pequod)

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