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E mi immagino affidare la tutela dell’ambiente – che pare vada sospesa “ragionevolmente” il tempo di crisi- a quel gesto rituale di spegnere la luce anche chi ha deciso i tagli degli incentivi alle rinnovabili.
È che la loro “crescita”, quella che verrà in seconda battuta, dopo, oltre, forse…se sarà, sarà solo il naturale prolungamento di quel “progresso” aberrante che non riguarda quindi né l’occupazione (c’è da tempo un disaccoppiamento tra occupazione e aumento del Pil, dei fatturati e dei profitti); né la qualità del lavoro (è sempre più precario in tutto il mondo e si investe sempre meno in formazione); né i redditi da lavoro diretti o differiti (le pensioni); né il benessere delle comunità, messo sotto scacco dal degrado ambientale, dal taglio dei servizi e del welfare, dall’aumento delle persone disoccupate, esodate, scoraggiate o emarginate (sospinte sempre più numerose sotto la soglia della povertà). Ma sarà, se sarà, un gigantismo irregolare e iniquo, affidato ai meccanismi di mercato e finanziari, scollegato e indifferente alle politiche industriali e all’economia reale. Il rifiuto della concertazione a tutti i livelli con le parti sociali o con i territori ne è il fisiologico riscontro, con il rifiuto dell’intesa come composizione degli interessi, della partecipazione ai processi decisionali e alla gestione delle attività, in modo che sia solo l’impresa e comunque il “privato” ad avere il controllo assoluto. Le privatizzazioni sono la traduzione di questa logica, mediante il trasferimento della sovranità da quel che resta degli istituti della democrazia rappresentativa al dispotismo di imprese sempre più grandi, potenti, centralizzate, lontane dai territori e dalle comunità., in un processo vizioso che smantella quanto di pubblico, condiviso, egualitario è stato conquistato negli anni: beni comuni, suolo, acqua, aria, approvvigionamento e distribuzione di servizi e energia, come i saperi, la conoscenza, l’informazione.
Premere l’interruttore, togliere la corrente, si, è il caso di farlo. Ma questo modello di sviluppo, a premier che comandano ma non governano, a chi vorrebbe interpretarci ma non ci rappresenta, a un mercato che è come Dracula e che si riprende per un giorno grazie al sangue che ha succhiato, per volerne sempre di più, al feticcio dello spread che serve solo questo e rendere possibile quel dissanguamento che l’eufemismo economicistico chiama “riforme” e “modernizzazione”. Spegnerli stavolta significa fare luce.
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