Dopo tanta attesa da parte dei lettori e tanto battage pubblicitario da parte della Sergio Bonelli Editore (non ricordo un simile spiegamento di uomini e mezzi per il lancio di una serie) è uscito Orfani, la collana mensile a fumetti di ambientazione sci-fi scritta da Roberto Recchioni e disegnata da Emiliano Mammuccari, che si svilupperà in stagioni di dodici numeri (ne sono state progettate due e la terza è in programma, ma la sua realizzazione dipenderà dalle vendite della prima). Perché tanta attesa? Perché, a suo modo, è una serie rivoluzionaria per la Bonelli, essendo la prima interamente progettata a colori. Certo, ci sono i Color Tex e Color Zagor e il Dylan Dog Color Fest, ma sono pubblicazioni annuali (o semestrali, come sta diventando il Color Tex) e, soprattutto, il colore è il classico in quadricomia usato anche per celebrare i numeri centenari delle varie serie. Orfani, invece, ha usato una tecnologia completamente diversa: i colori sono più vividi e realistici, e il risultato è strepitoso. Ne giova la stessa narrazione, di cui il colore diventa parte essenziale. La storia è tesa, il ritmo è alto e le inquadrature delle scene di combattimento (che coprono una buona parte delle pagine) sono mozzafiato.
Azione, azione, e ancora azione per un'avventura di fantascienza bellica che serve a presentare i protagonisti della serie. Abbiamo capito che sono dei ragazzini sopravvissuti ad un attacco devastante portato alla Terra da parte di una forza aliena. Rimasti orfani, vengono sottoposti ad un addestramento particolare grazie al quale entrano a far parte di una sorta di squadra speciale di combattimento. Nella seconda parte dell'albo, spostata temporalmente in avanti di qualche anno rispetto alla prima, li vediamo risolvere positivamente e con disinvoltura un attacco terrestre al pianeta alieno che stava mettendosi male. Sono dei duri, e parlano da duri.
Il target dichiarato della serie è quella schiera di giovani cresciuti a videogame e che ha un "cattivo" rapporto con i fumetti di carta classici, ovvero il bianco e nero alla Tex ma anche quello alla Dylan Dog. Non si può restare indietro e la Bonelli, senza abbandonare il suo classico bianco e nero, cerca nuovi lettori. E fa bene. E tanto di cappello ancora alla sua capacità di innovarsi senza tradire i valori della sua tradizione, ossia produrre storie d'avventura curate con la massima qualità e col massimo rispetto verso il lettore. Poi una serie può piacere o meno, ma l'impegno che c'è dietro è indiscutibile. Detto questo, la fantascienza bellica da una parte e il colore dall'altra non sono rispettivamente nè il mio genere nè il mio modo di fruire il fumetto preferiti. Tuttavia apprezzo il lavoro nei testi e nei disegni di Orfani e penso che la curosità di andare a vedere come andrà a finire mi porterà ad acquistare anche gli albi successivi.
Citazioni, ispirazioni, rimandi alla base di questo primo numero, li spiega Recchioni sul suo blog.