Quando hai dei figli, spesso, un bel fine settimana pieno di eventi, ti trasforma in un provetto equilibrista saltatore. All’inizio ne sono rimasta spiazzata. Adesso salto e corro con il sorriso.
La festa degli aquiloni a San Miniato viene sempre la domenica dopo Pasqua e, se non piove, c’è vento, come per magia.
Il sabato prima della festa, quest’anno, la Pro Loco organizza un laboratorio dimostrativo per imparare a costruire gli aquiloni. Partecipo anch’io, entusiasta, piena di aspettative: quest’anno voglio proprio riprovare a costruire un aquilone e farlo volare.
A costruire l’aquilone, sotto i chiostri, c’è Pasquino Salvadori. I suoi aquiloni, ogni anno, si vedono da lontano che volteggiano intorno alla Rocca.
Arrivo a San Miniato a piedi con Fabio, Viola, Margherita, mia nipote Emma e Libero in passeggino. Sulle spalle lo zaino pieno di carta delle uova di Pasqua.
Pasquino appende alcuni dei suoi aquiloni. La gente inizia ad arrivare, molti bambini, molti samminiatesi, li conosco un po’ tutti. Di alcuni ho dimenticato i nomi, di altri non li ho mai saputi, ma penso che non abbia importanza, perché li vedo tutti di nuovo bambini.
Ci ammassiamo intorno al tavolo dove Pasquino sta per costruire l’aquilone. Due canne in croce, una i due terzi dell’altra. Su quella più lunga una leggera curvatura all’indietro nell’ultimo segmento in alto. «E’ necessaria», dice Pasquino serio «Non si sa lassù il vento cosa può fare»
Mentre mi fisso a guardare i suoi occhi che hanno la stessa consistenza dell’aria, immagino il vento, è una creatura viva, un animale che corre forte, che fa capriole, che si prende sulla groppa gli aquiloni e poi, all’improvviso, se nota un’indecisione, ci salta sopra e li fa precipitare.
Pasquino Salvadori lega insieme le canne, le buca, le lima, passa il filo che segna il perimetro dell’aquilone. Ogni poco lo tira su, lo tiene con due dita, prova l’equilibrio, sa già se volerà o se il vento lo prenderà a calci.
Osserviamo tutti a bocca aperta, più i grandi che i piccini, mentre cerchiamo di tenere a mente misure e rapporti, quel millimetro che separa un aquilone volante da un aquilone inutile. Pasquino ha mani massicce, scure, solchi profondi. Attacca la carta dell’uovo che ha portato un bambino. L’aquilone diventa vero. Pasquino lo alza in alto, distende il braccio. Per un attimo tutti credono che lo farà volare subito, lì sotto i chiostri. Ma la festa è domani e quello non è il posto degli aquiloni.
Torno a casa con i miei bambini pensando che anche per quest’anno non costruirò l’aquilone (è troppo difficile, è un’opera d’arte e di equilibrio), pensando che un patrimonio culturale così non dovrebbe andare perduto, ci vorrebbe la “Scuola Samminiatese di costruzione e volo d’aquilone”, pensando che a casa ho sempre quell’aquilone che un amico aveva regalato a Viola per il suo compleanno. Porteremo quello su in Rocca.
Domenica 7 aprile.
Mi alzo pensando che non mi è mai riuscito di far volare un aquilone, né uno fatto da me, né uno di quelli comprati.
Apro la lavatrice e tendo i panni. Sventolano forte. Il cielo è ricamato da nuvole ambigue.
Alle 14 e 30 andiamo su. In San Miniato c’è già tanta gente. Dalla mattina c’è il mercato dell’antiquariato, quello dell’artigianato e la fiera dei fiori.
Accompagno Fabio che deve vestirsi per il corteo storico. Quando esce e lo vedo, penso che sia proprio bello, anzi, non l’ho mai visto così elegante da quando ci conosciamo!
Aspettiamo un bel po’ che tutti siano pronti, vestiti e truccati. Arrivano anche gli sbandieratori di P. a Elsa. Le strade sono gremite. Passano diversi amici che dicono di andare in Rocca a far volare gli aquiloni. L’equilibrista che è in me dice di avere pazienza, prima un po’ di corteo storico.
Parte la sfilata, i tamburini, le trombre, le bandiere, la gente si appiccica ai bordi della strada, segue in massa il corteo. Le bambine sono con i miei genitori. Io mi ritrovo dietro tutti con il passeggino, ma voglio comunque fare delle foto. In piazza Grifoni c’è lo spettacolo degli sbandieratori. Con il passeggino mi infilo dovunque e scatto fotografie. Riparto prima di tutti in direzione Piazza del Popolo. Mi fermo diverse volte per fotografare fino a tornare in Piazzetta del Fondo.
A quel punto ritengo sia arrivato il momento di salire in Rocca. Raduno le bambine e i miei genitori. Loro si avviano per le scale del Miravalle, così nel frattempo che io faccio Viale della Rimembranza, si anticipano con la merenda. Mangiano un panino col salame mentre saliamo su. Parcheggio il passeggino davanti casa Cheli, zaino in spalla e Libero in collo, e saliamo le ultime scale per il prato della Rocca.
C’è ancora tanta gente nonostante il sole sia sparito dietro le nuvole. Tanti con l’aquilone fatto artigianalmente. Dovunque bambini, grandi, fili intrecciati, capitomboli, corse incrociate.
Finisco di montare l’aquilone, lascio Libero sul prato, prendo la macchina fotografica e noto con piacere che l’aquilone lo prende mio padre. Si avvia sulla “pista di decollo”. Viola stringe in mano il rocchetto del filo. Come attratti dal miele arrivano altri bambini, tutti intorno a Viola. Io sono pronta a fotografare. “Non volerà mai”, penso, “Ma si divertiranno comunque. Almeno la scena l’abbiamo fatta…”
Mio padre sorride, sta fermo, aspetta, sembra che attenda il vento giusto. Le bambine si annoiano: «Nonno! Dài!», ma nonno è imperturbabile. Aspetta. «Babbo! Che aspetti?»
«Quel bambino, digli di mollare la coda!»
Mi giro, vedo il nanetto che stringe la coda nella manina. Me lo immagino mentre l’aquilone decolla e lui appeso che vola. Mi accuccio e lo convinco a lasciarla.
«Nonno! Allora?»
«Quando ti dico corri, corri!»
Viola fa sì con la testa, le altre bambine si stringono intorno a lei.
«Pronta?»
Ancora sì con la testa.
«Corri!!!»
Viola corre, corre in mezzo alla gente, senza una traiettoria dritta, ma corre. Nonno molla l’aquilone, carambola, ondeggia, Viola corre.
«Dille di mollare il filo!!!»
Io grido come se sul prato non ci fosse nessuno, soltanto noi: «Viola, molla il filo, molla il filo!!!»
Viola capisce, inizia a dare filo, ma non è abbastanza veloce. Mi lancio verso di lei, prendo il rocchetto e inizio a srotolarlo. Guardo l’aquilone, esita, ma divora il filo che gli dò. Sembra proprio che il vento l’abbia preso in groppa. Le bambine esultano, il rocchetto arriva al termine. Lo tengo in mano, guardo di nuovo su, verso la Rocca e, incredibilmente, vola.
Giù il corteo è arrivato sul prato del Duomo, sento i tamburi e gli applausi e, dopo poco, prende il volo anche la mongolfiera, lanciata in cielo verso altri paesi, come se dentro ci fosse la voce di tutti noi samminiatesi e il nostro tornare bambini appesi al filo di un aquilone.
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