Ah, io non mi sbagliavo! Vi era qualcosa, vi era una fine polvere, un filtrare sottile di avvertimenti, in tale discorso; vi era un franco, quasi brutale conoscimento della mia situazione di toledana sulla via dell’Ovest, ma da qualcosa smarrita fermata; e questo qualcosa è incivilitudine, ignoranza, inadeguatezza alla vita, agli averi, il medesimo minimo essere. Vi era un dirmi assai rapido “costruisci qualcosa, e fuggi, Damasa”. Vi era anche in quella disperata radente allusine a Lemano, vi era trasporto del cuore, incitamento taciuto e puro; cosa che dire non si deve ma accenna: che là dove lui era, crescendo, diventando adulta, raggiungerlo, forse, avrei potuto. Là, dove, orrore esalante dalla vita, sua altezza anzi, segreto strepitoso – sempre appena intuito-, precipitare finire. Là, un giorno, divenuta consapevole e svelta, potrò con gli altri allinearmi sulla via dell’Ovest, via di radente luce.
(Sì era così)
Avrei, forse, avuto Lemano, là; e sempre al suo fianco perduta, nella sua giacca contro il viso perduta, e poi naufragio. Naufragio di tutto. Anna Maria Ortese