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E quando i bambini guardano immagini violente?

Da Quipsicologia @Quipsicologia

Le immagini violente, per quanto atroci e cruenti, possono aiutare i nostri bambini a confrontarsi con le proprie paure e crescere.

bambini_tvEsposizione alle immagini violente

Per renderci conto della quantità di violenza a cui sono esposti i nostri bambini è sufficiente fare un semplice calcolo: per esempio, un individuo che passi circa tre ore della sua giornata davanti alla tv, nel periodo che va dalla prima infanzia (2-3 anni) alla pubertà (14 anni) può in media aver visto 12.000 omicidi e 100.000 episodi di aggressione.

Inoltre, il periodo in cui i bambini dedicano la maggior parte del tempo libero alla tv, l’età che va dai 5 ai 12 anni, è anche il periodo in cui sono più sensibili e tendono ad apprendere comportamenti per imitazione di modelli osservati. A questo va aggiunto che fino all’età dell’adolescenza i bambini fanno fatica a distinguere fra finzione e realtà: in queste condizioni è possibile che interpretino come reali, o incombenti, e dunque realmente pericolose, cose che in realtà sono solo fantastiche e/o lontane dalla loro esperienza; oppure che tentino di imitare comportamenti possibili nella finzione scenica ma irrealizzabili nella vita reale.

Quali contenuti fanno paura?

Le ricerche riportano che circa il 50% dei bambini prescolari è stato spaventato da qualcosa visto in tv. In genere le rappresentazioni che suscitano uno stato di paura più intenso sono quelle reali trasmesse dai telegiornali o quelle verosimili dei film,  dove i protagonisti dell’azione sono delle persone in carne e ossa. Meno intense, ma non meno frequenti, le reazioni di paura provocate dai cartoni animati o dalle figure di fantasia come ad esempio l’Incredibile Hulk, il gigante verde che nasce dalla trasformazione di un uomo. I bambini sono spaventati da quella figura dall’aspetto ostile e pericoloso, che ha la pelle verde, i vestiti tutti strappati e lo sguardo sempre arrabbiato, perché non riescono a comprendere che si tratta della persona buona e inoffensiva che hanno visto poco prima e che ha solo modificato aspetto.

Parlare con i propri figli di ciò che stanno guardando o spiegare loro che le scene paurose non sono reali è ciò che i genitori generalmente fanno per aiutare i propri bambini gli ad affrontare la paura suscitata da immagini violente o scene  cruenti viste per esempio alla tv. Tuttavia queste strategie non sono efficaci con i bambini prescolari ma solo con quelli più grandi. Come già avevo accennato all’inizio, i bambini prescolari fanno ancora difficoltà a distinguere fra finzione e realtà, e probabilmente alle parole reale e finto danno un significato diverso da quello che ad esse attribuiscono invece gli adulti.

Ciò significa che le argomentazioni logiche e razionali e le spiegazioni puntuali non riescono a confortare i bambini prescolari spaventati. In questi casi sarebbe opportuno distrarli proponendo loro altre attività, come ad esempio il gioco, o coccolarli stabilendo con loro un contatto fisico rassicurante.

Come dobbiamo comportarci se i nostri bambini vedono immagini violente?

Occorre innanzitutto aiutarli a elaborare attraverso le parole, le emozioni e le paure che queste immagini violente fanno emergere. E quando i bambini ci domandano, cercare di dare risposte corrette. Questo naturalmente vale sia per la violenza che per il sesso. Certo, perché accade molto spesso che noi genitori, interrogati dai nostri bambini sull’argomento sesso, tendiamo a ricorrere ad immagini fantastiche perché ci sentiamo in imbarazzo. È possibile affrontare qualsiasi argomento con parole semplici ma corrispondenti alla realtà, spiegando al bambino quello che ci si sente in grado di spiegare e rimandando il resto a “Quando diventerai più grande, capirai meglio”: questo è un argomento che i bambini accettano volentieri, perché sentono che è sincero. Ma più ancora del sesso, è soprattutto la morte a mettere ancora di più in difficoltà noi genitori. Solitamente, per esempio, quando ci chiedono cosa è successo a quella persona a cui hanno sparato, al nonno che ora non c’è più, a quel gattino che vedono inerme sul ciglio della strada, noi ce la caviamo rispondendo “È volato in cielo”. Parlare di cielo o di angeli o magari di paradiso può andare anche bene, purchè siamo noi i primi a crederci, perché è importante condividere con i bambini le spiegazioni che valgono anche per noi e a cui prestiamo quindi fede.

Affrontare la realtà fa crescere


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