di Mariacristina Lani
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Il rapporto non è mai stato di gratitudine, perché in quinta elementare non capisci ancora che devi dire grazie a qualcuno per i 37 e passa anni che riuscirai a vivere dopo, proprio grazie a lui. Il rapporto era fatto di quelle cose per cui io confidavo solo a lui un brutto voto in matematica, e lui mi comprava “Topolino” il sabato mattina; io gli portavo una tazza di caffè, poggiandola su un tavolo pieno di documenti, prima di andare a letto “perché il giorno dopo c’è la scuola”, sapendo che mi sarei addormentata con il ticchettio di una calcolatrice in lontananza. Capii che tutto quello era volersi bene, quando sentii il freddo delle piastrelle sulla mia schiena mentre scivolavo a terra in bagno, tredici anni dopo averlo conosciuto, quando il telefono mi disse “è troppo avanti, non ce la può più fare”.
Intuivo cosa volesse dire avere un papà, ora credo di averlo capito. L’ho capito vedendo tre fanciulle che si arrampicano su un metro e ottanta di felicità, quando basta una voce più profonda per farle tornare in riga, quando ho sentito “mi viene a vedere papà così sono più tranquilla” il giorno prima dell’orale di un esame di maturità.
Pensavo la figura di un papà non fosse così importante, ora ho la certezza sia fondamentale: per il padre e per il figlio. E non ci si può intromettere in quel rapporto perché è unico e solo, perché è fatto solo da quelle due persone. Le regole, le confidenze, i meccanismi che si formano tra padre e figlio sono preziosissimi e delicatissimi e solo loro. Un figlio sa come giudicare il proprio padre e un padre sa come comportarsi con il proprio figlio. Fanno errori senza dubbio, ma – nella norma – è tutto amore. Se c’è odio, se c’è rancore allora non si può dire di avere amato un figlio, di avere amato un padre. Chi è fuori da quel graal, non può parlare, non può giudicare. Può osservare, ma prima di ogni cosa, rispettare.
Dire a un figlio “dovresti vergognarti di tuo padre”, non è maleducazione, ma solo folle presunzione. E’ credersi di essere più in alto di un Dio. C’è stato nella storia un figlio che per un momento ha pensato di essere stato abbandonato, ma poi solo al Padre si è rivolto per capire il proprio sacrificio
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Mariacristina Lani
e con Lui si è ricongiunto. Non si può capire il sacrificio che ogni padre ha fatto per il proprio figlio e l’amore immenso che ogni figlio prova per il proprio padre, a meno che non si sia o quel padre o quel figlio.
E non c’è figlio e non c’è padre che possa accettare il dolore di sentirsi dire “di vergognarsi”, “di abbandonare” il proprio figlio, il proprio padre. Neanche se quel padre si chiama Berlusconi. Chieda scusa, signor Lerner.www.italiapost.info