Da quando abbiamo cominciato a pensare ai software, e nella fattispecie ai videogiochi, sottoforma di app scaricabili da uno store on line abbiamo familiarizzato con alcune sigle che vorrebbero spiegare il modo in cui viene commercializzato un certo titolo: una di queste è free to play.
Letteralmente free to play sta per "gioca liberamente" ovverosia è possibile scaricare gratis il titolo e giocarci liberamente ma solo fino a un certo punto in cui verrà richiesto il pagamento per passare alla versione premium del titolo stesso e riuscire ad arrivare alla fine. Succede spesso che si scarichi dallo store un titolo per poi vedersi bloccati da una notifica che chiede i soldi e non ci sarebbe nulla di male se la questione free to play non fosse gestita in certi casi in maniera poco chiara.
All'interno del mondo free to play, infatti, possiamo trovare delle sottocategorie che servono a capire la tipologia di gioco con cui abbiamo a che fare. Capita allora di trovarsi di fronte a un free to play puro che non inficia la nostra esperienza di gioco, fenomeno tipico dei titoli sui quali lo sviluppatore non vuole investire più lavoro e denaro. Poi ci sono gli ibridi che permettono di accedere ad alcuni contenuti a pagamento ma che non intaccano il gameplay e infine ci sono i disprezzatissimi impuri che vengono usati per raccimolare quanti più soldi possibile con il rischio di non pagare più solo il prezzo del videgioco ma anche altri ammennicoli di cui si può fare a meno.
Ecco perchè Markus "Notch" Persson, il padre di Minecraft, ha deciso di entrare a gamba tesa sul tema free to play intavolando una discussione con il developer George Broussard su Twitter. Tra i due sono volate parole grosse e accuse varie e può anche darsi che la disputa si estenda fuori dal social cinguettante ma il dubbio che viene all'utente medio è questo: non è che con la storia del free to play ci stiano prendendo tutti per il...naso??
