E se Joan non avesse avuto «le palle»? Be', credo che la storia più recente del calcio avrebbe ben altra fisionomia. Ma facciamo chiarezza: Joan di cognome fa Laporta, e nel luglio del 2008 riceve Guardiola nel proprio ufficio per discutere di una certa questione. Chiede il presidente: «Dì un po', Pep, te la sentiresti di rimpiazzare Rijkaard?». Risponde Pep: «Io sì, sei tu che non hai le palle per farlo».
Così Josep Guardiola i Sala da Santpedor si ritrova nuovamente alla guida del Barça, non più nel fulcro del gioco e con la fascia al braccio ma seduto in panchina. Vince tutto, e soprattutto subito. Sei-su-sei al primo colpo: campionato, Coppa del Re, Champions League, Supercoppa di Spagna e d'Europa, e pure la Coppa del Mondo per club. «Solo» questo? No, perché Guardiola vince e convince: propone un calcio lussureggiante, ricco di passaggi e movimento, estrema e perfetta sintesi di quanto appreso in carriera. Cruijff e van Gaal, Mazzone e Capello, persino l'amico Juan Manuel Lillo in Messico, l'han guidato in prima persona, mentre lui studiava Menotti, Bielsa e La Volpe.
In numeri, il primo Pep in versione allenatore ci offre un 4-3-3. Orgasmo calcistico. E così arriva, oltre a vittorie e spettacolo, anche la voglia di sperimentare. Il feticcio Busquets, con i suoi piedi malandati, inizia a scalare in difesa per consentire l'avanzata ai terzini: profumo di 3-4-3. Intanto, Eto'o e Messi si scambiano sempre più spesso la posizione: Leo si evolve in centravanti. Ibra stona. Oggi, omaggio al Dream Team: fino ad 8 centrocampisti contemporaneamente in campo e 3-4-3 che diventa una consuetudine. Domanda: Guardiola ha finito di stupire? Risposta: non credo proprio.
Fonte: Calcio 2000