Un pezzo e mezzo del Grande Centro
Se uno nasce fascista può anche essere sottoposto a tutte le mutazioni genetiche possibili ma fascista muore: è un fatto di ceppo, o di cippa. E quello che è accaduto nel fumeur di Montecitorio è la riprova che alcune malattie ereditarie, oltre che essere dure da debellare, rappresentano una delle tante metastasi di questo paese. Dunque. Si ritrovano in sei. Tutti onorevoli. Tutti ex An. Non si accorgono che ad ascoltarli c’è un giornalista (vil razza dannata) che a un certo punto sente il deputato dell’antifascista stato italiano cantare: “Il 25 aprile è nata una puttana e gli hanno messo nome repubblica italiana”. Trattasi di Francesco Aracri il quale, in vena di goliardia, invita i colleghi MaurizioBianconi, Francesco Giro (ex sottosegretario) e Andrea Ronchi (ex ministro) a unirsi al coro. Aracri giustifica la sua performance dicendo: “E che cazzo, un po’ di sano fascismo”. Il manipolo di nostalgici dell’Impero di Etiopia, Abissinia e Albania, fanno parte del gruppo del Pdl e, come tutti quelli che indosserebbero ancora volentieri la camicia nera e il fez, sono stati sdoganati da quel genio della madonna che si chiama Silvio Berlusconi. Riflettendo però un attimo a bocce ferme, la canzonetta di Aracri qualche ragione storica d’essere ce l’ha. Solo che l’Italia è stata, ed è, sì una puttana ma mai compiacente, un po’ come quelle schiave del sesso che arrivano dall’Europa dell’Est e dall’Africa e che vengono sbattute sulla strada pena ritorsioni contro le famiglie. L’Italia è stata stuprata da un fottio di malati di potere, di soldi, di successo, di dilettanti allo sbaraglio, di statisti per caso e per opportunismo, di mammasantissima e di quacquaraquà che dopo averla usata non hanno neppure avuto la compiacenza di saldare il conto della prestazione: puttana e per giunta gratis. Questo stato di perenne meretricio ad abuso di una nazione inerme continua ancora, con mezzi e strumenti più sofisticati, con un cinismo meritevole dell’ergastolo. E non sono più i democristiani, i comunisti o i socialisti craxiani a pretenderne le prestazioni, ma un mondo molto più complesso che è quello della finanza e della grande speculazione internazionale. Dovunque trovano complici. Dappertutto si trovano sicari prezzolati che, per un sostanzioso vitalizio, accontentano di buon grado le mire di un “santuario” economico che, invece di rivoluzioni e colpi di stato cruenti, penetra nel cuore di una nazione indebitandola e pretendendo poi interessi altissimi, da usurai di alto lignaggio. Spesso non ci sono i soldi per saldare il conto e allora, via ai sequestri di democrazia. Per tutta la giornata di ieri abbiamo pensato e ripensato al senso delle decisioni prese dal governo del Professore sull’articolo 18. Abbiamo cercato in tutti i modi non di giustificarle ma almeno di capirle, ponendoci una sola domanda: “A chi giova?”. Quello che è venuto fuori dall’incontro dell’altro ieri, è solo la posizione oltranzista di un esecutivo che evidentemente, a questo punto, non pensa agli interessi della nazione ma del “santuario” di cui sopra. Mantenere alcune norme dell’articolo 18, infatti, allo stato non costa un euro, la riforma del lavoro potrebbe essere fatta a costo zero, perché allora insistere nel voler concedere la possibilità di licenziamento facile a gente che non ha alcuna intenzione (Marchionne docet) di investire? Chi ne fa dell’articolo 18 un retaggio ideologico arcaico, la Fiom di Landini o Elsa Fornero? Per farla breve. Secondo noi si profila all’orizzonte questo scenario. Il “santuario” vuole un paese normalizzato nel quale i diritti e i doveri siano tutti a suo favore. Per normalizzare un paese occorre isolare le ali estreme, ancora portatrici di una qualche ideologia e poco avvezze al compromesso. Oltre alla Lega, all’Idv e a Sel (non ancora in Parlamento ma prossima ad entrarci), il santuario pretende che da questo nuovo assetto venga fatta fuori quella parte residua del Pd che ancora sogna libertà ed equità. Mario Monti sapeva benissimo che una linea di non dialogo avrebbe portato alla spaccatura nel Pd, perché è andato avanti? Possibile che le uniche ricette trovate finora per risolvere i problemi degli italiani sia tutte a base di “dagli al pensionato, all’operaio e all’impiegato”? Manca la fantasia o c’é dell’altro, come programmare già la prossima, ventennale governance senza eccessive rotture di palle? Il progetto all’apparenza fantascientifico del “Grande Centro Moderato”, si sta rivelando più reale della realtà mentre il palcoscenico si sta popolando dei Casini, degli Alfano, dei Montezemolo, dei Fini, dei Rutelli, dei Letta (Enrico) e dei Fioroni prossimi interpreti di una commedia dal copione scontato. Casini ha già messo le mani avanti: “L’Udc cambierà nome, non esisterà più”. Alfano (o meglio Berlusconi) sta già pensando al prossimo da dare al Pdl, il Terzo Polo (ridotto a due, Fli e Api) c’è già e può anche rimanere, visto che è un’entità indistinta e fantasiosa, mentre si resta in attesa di come si chiamerà l’agglomerato dei cervelli in uscita dal Pd. Poi, tutti insieme a pregare nel “santuario”, la loro casa, il loro maniero. L’Italia diventerà la Svizzera con in meno i referendum (che i nostri amici fabbricanti di cioccolata adoperano a ogni piè sospinto per far vedere quanto sono democratici) ma con lo stesso sistema bancario senza controlli e del tutto anonimo. Per gli operai e gli impiegati disonesti e sfaccendati, sfigati e assenteisti, ideologizzati e quindi rompicoglioni, ci sarà la mannaia del licenziamento dietro l’angolo. A quel punto non sarà più necessario far firmare le dimissioni in bianco, basterà un sms.Magazine Politica
E se l’articolo 18 fosse un pretesto? Prove generali di Grande Centro con valzer finale.
Creato il 22 marzo 2012 da Massimoconsorti @massimoconsortiPossono interessarti anche questi articoli :
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