In questi giorni, forse preso dalla noia creativa, forse per banale curiosità, ho passato un pò di tempo a rivedere i video dei provini per la celeberrima (?) trasmissione X-Factor. Mi spiace solo che Totò e Pasolini siano morti, perchè se fossero stati in vita ne avrebbero certamente tratto spunto per le loro opere. Non vorrei esagerare con le cifre, ma mi sembra di aver sentito che la giuria dovesse "esaminare" oltre 16000 potenziali partecipanti! Credetemi, non potete neanche immagine quale livello di depressione abbia suscitato in me questo numero. Anche se fosse un decimo del reale, il solo pensiero che una folla di giovani passa una o più giornate alla stregua dei profughi di Lampedusa solo per urlare qualche accordo di fronte a quattro esaminatori, è devastante più di un'epidemia di peste!
Stare ad osservare quelle masse informi, variopinte e starnazzanti come oche, mi ha riempito il cuore di amarezza. E' davvero possibile che le prospettive di "successo", "realizzazione" (tutte rigorosamente tra virgolette) passino solo ed esclusivamente attraverso un fenomeno mediatico-commerciale così banalmente innaturale?
Migliaia di ragazze e ragazzi sperano nel successo della popolarità. Migliaia di ragazze e ragazzi, la cui maggior parte è disoccupata, preferisce stare in fila per delle ore, nella vana speranza che un progetto commerciale possa estrarre l'arte attraverso una selezione simile a quella che fanno i pollivendoli quando devono scegliere le galline da comprare. E nessuno si offenda, per carità! Si ascoltano voci belle e voci orrende, figure (raramente) dotate di personalità e molte altre che si tagliano i capelli come le loro star. Ma, permettetemi di domandarmelo, le stelle hanno i capelli? Io le ho sempre viste luminose, candide, disperse nel vuoto senza la pretesa dello sguardo vacuo di una vacca.
Per non parlare delle reazioni... In quell'ambito si potrebbe ripassare un intero volume di psicologia! I più mesti ringraziano i giudici per un sì e per un no. I più arroganti controbattono. I più stupidi hanno delle aspettative. Ovviamente, è giusto avere delle aspettative: se desidero comprare un giacca, mi aspetto che il mio negozio di fiducia non mi deluda, ma pensare che una giuria improvvisata possa vedere bianco ove c'è solo pece, rasenta il limine della follia. E' bello sentirsi riconosciuti, ma è altrettanto piacevole udire il contrasto, mai dissonante, tra giudizi positivi e giudizi negativi. Che senso ha pensare che la parola di un estimatore debba divenire universale? Non è forse vero che Verga, Kafka, Pirandello, etc. hanno ricevuto sonore bocciature dalla critica? Ma l'esporsi alla critica è proprio questo: mettersi alla berlina e, non me ne vogliate, tutt'attorno alla gogna mediatica, oltre alle persone, ci sono cani, porci, anatre e galline.
Il riconoscimento universale è attraente, ma Gesù Cristo venne suppliziato, Giordano Bruno messo al rogo, Galileo costretto suo malgrado all'abiura, lo stesso Beethoven criticato per la sua (meravigliosa) sonata a Kreutzer... Insomma, se il fattore X esiste davvero, non ha forse il diritto di manifestarsi senza luci di ribalta e contratti milionari? La miseria non dona gioia, ma perlomeno rende un lavoro perfino il procurarsi un pezzo di pane duro.
Related Stories
- Amicizia e cavalli di Troia
- Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto
- Roma come Delhi o Calcutta