In sei paesi Ue (Belgio, Spagna, Svezia, Portogallo, Danimarca e Paesi Bassi) le coppie dello stesso sesso hanno la possibilità di sposarsi mentre in altri stati è possibile accedere alle unioni civili.
In Francia il governo Hollande ha in programma di approvare il matrimonio anche per le coppie omosessuali ed a riguardo il cardinale Barbarin aveva paventato che il provvedimento di Hollande «porterà a innumerevoli conseguenze. Dopo, ci sarà chi vorrà trasformare la coppia in una relazione a tre o a quattro. Poi, un giorno, è possibile che il divieto di incesto verrà abolito».
Il paragone tra matrimonio omosessuale era stato fatto anche dal candidato alle primarie del Partito repubblicano Rick Santorum secondo cui se si permette il matrimonio gay sulla base di un sentimento generico, allora non c’è ragione per vietare quello poligamico: una boutade che non deve avergli portato molta fortuna visto l’esito delle primarie americane.
Proprio riprendendo il pensiero del politico repubblicano, Tempi con un articolo di Benedetta Frigerio propone – alla vigilia del referendum sul matrimonio omosessuale nel Maine, Maryland, Minnesota e Washington – un articolo sulle unioni poligamiche negli Usa titolando“Il matrimonio gay è roba vecchia, ora negli Usa si fanno strada i poliamori” mettendo in relazione – come Marco Tosatti su La Stampa – unioni omosessuali e poligamiche.
Al momento è proprio l’assenza (almeno in Italia) del matrimonio omosessuale a mettere il nostro Paese a rischio “bigamia”: infatti un cittadino italiano potrebbe benissimo sposarsi con una persona dello stesso sesso in Spagna e – non essendo questo matrimonio riconosciuto in Italia – successivamente contrarre matrimonio eterosessuale in Italia senza aver prima sciolto il primo. Quindi questa persona sarebbe a tutti gli effetti bigama avendo contratto due matrimoni (uno eterosessuale e l’altro omosessuale) perfettamente valdi: ovviamente se il matrimonio omosessuale fosse introdotto anche in Italia questo rischio non ci sarebbe.
Come scritto la Chiesa si è sempre opposta all’introduzione del matrimonio omosessuale o a qualsiasi riconoscimento per le coppie omosessuali.
Il primo documento a riguardo si intitola «Famiglia, matrimonio e “unioni di fatto”» redatto nel 2000 dalla Congregazione per la dottrina della fede.
In questo documento si legge di «quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano» ed inoltre «le ‘unioni di fatto’ tra omosessuali costituiscono d’altra parte una deplorevole distorsione di ciò che dovrebbe essere una comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna, in una donazione reciproca aperta alla vita».
Un altro documento cardine della dottrina cattolica si intitola “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali” redatto dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2003.
Come nel testo precedente si legge che «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, “precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati”».
Inoltre le unioni omosessuali «non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana, non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza».
Perciò per la Chiesa cattolica la possibilità di poter procreare è un elemento essenziale per il riconoscimento giuridico di un’unione affettiva ed anche in tempi recenti il cardinale Bagnasco ha ribadito questo concetto. Nonostante tecniche di fecondazione assistita permettano anche alle coppie omosessuali di avere dei figli questo – secondo la dottrina cattolica – continua ad essere inaccettabile.
I sostenitori del matrimonio omosessuale invece sostengono che la procreazione non sia un elemento indispensabile del matrimonio e si richiamano a quanto prescrive il nostro ordinamento giuridico.
A tal riguardo il nostro codice civile (titolo VI) prescrive che possono accedere al matrimonio i maggiorenni (art. 84), coloro che sono capaci di intendere e di volere (art. 85), coloro che non sono legati da un altro matrimonio (art. 86) e tra cui non vi sia un vincolo di parentela (art. 87): nessun accenno viene fatto alla possibilità di procreare come condizione necessaria per contrarre matrimonio.
Queste condizioni sono presenti anche negli ordinamenti degli altri Paesi ed i sostenitori del matrimonio omosessuale vorrebbero che una sua introduzione rispetti in tutto e per tutto (diritti, doveri e condizioni) le caratteristiche del matrimonio eterosessuale.
Attualmente le coppie omosessuali rispettano tutti questi elementi tranne la diversità di sesso. Sebbene il codice civile non menzioni esplicitamente la differenza di sesso come condizione necessaria per sposarsi, la Corte costituzionale ha sentenziato che attualmente il matrimonio deve intendersi solo per coppie di sesso diverso: affinché possano accedervi anche le coppie omosessuali sarebbe necessaria una semplice modifica al Codice civile.
Sebbene a volte sia associato il matrimonio omosessuale alla poligamia, è evidente che il matrimonio per le coppie dello stesso sesso ha in comune con il matrimonio eterosessuale la condizione prevista dall’art. 86 del Codice civile: ossia non essere legati da un precedente matrimonio. Inoltre una coppia omosessuale per sposarsi dovrebbe avere tutti quegli elementi che deve rispettare una coppia eterosessuale (maggiore età, capacità di intendere e di volere ed assenza di vincoli di parentela). Insomma sia nel matrimonio omosessuale che in quello eterosessuale tutte le condizioni previste dal nostro codice civile sarebbero rispettate.
Se invece – come fa la Chiesa – si ritiene che il matrimonio per essere riconosciuto giuridicamente debba avere come condizione essenziale l’”apertura alla vita” con la possibilità di procreare, per quale motivo bisognerebbe impedire il riconoscimento giuridico della poligamia (un uomo sposato con più donne), della poliandria (una donna sposata a più uomini) o – peggio ancora – dell’incesto?
Infatti sia le unioni poligamiche, poliandriche ed incestuose sono naturalmente “aperte alla vita” avendo la possibilità biologica di generare dei figli: dalle unioni poligamiche inoltre è possibile procreare più di quanto possa avvenire con una normale relazione eterosessuale di coppia.
Ovviamente le relazioni poligamiche o poliandriche non rispetterebbero la condizione prevista dall’art. 86 del Codice civile (assenza di precedenti matrimoni) mentre le relazioni incestuose non rispetterebbero la condizione prevista dall’articolo 87 (assenza di vincolo di parentela).
Proprio per questi motivi la dottrina cattolica legittimerebbe anche la poligamia, la poliandria e le relazioni incestuose con effetti che possono essere nefasti anche per le coppie eterosessuali regolarmente sposate.
Infatti – se si adottasse il “principio della procreazione” come sancito dalla dottrina cattolica – cosa proibirebbe ad un uomo regolarmente sposato con sua moglie di voler contrarre un altro matrimonio (non divorziando) con un’altra donna?
Nel momento in cui si ribadisce che la procreazione è un elemento essenziale del matrimonio bisogna rigettare le suddette condizioni previste dal nostro ordinamento adottandone un’altra ossia la “condizione della procreazione” aprendo automaticamente la strada al riconoscimento delle unioni poligamiche, poliandriche ed incestuose.
Al contrario – introducendo il matrimonio omosessuale – si ribadirebbe – come giusto che sia – il principio che per il nostro ordinamento giuridico è possibile contrarre matrimonio solo per persone libere da vincoli matrimoniali sbarrando automaticamente la possibilità che altre forme di unioni (come la poligamia e la poliandria) abbiano un riconoscimento giuridico.
In sintesi l’introduzione del matrimonio omosessuale dovrebbe interessare proprio agli elementi più conservatori e tradizionalisti della società che in questo modo chiuderebbero la strada ad eventuali riconoscimenti giuridici per le unioni poligamiche a naturale protezione della famiglia tradizionale.
Infatti in Gran Bretagna è proprio il leader conservatore David Cameron ad essere a favore del matrimonio omosessuale che così sintetizza il suo pensiero: «Io non sono a favore dei matrimoni gay nonostante sia conservatore. Sono a favore dei matrimoni gay proprio perché sono conservatore». Una tesi ben espressa in Italia dalla parlamentare Anna Paola Concia secondo cui i gay sono «dei piccoli borghesi che credono nel matrimonio».