Dunque è ufficiale: non rientrando tra le attività culturali sospese in occasione dei tre giorni di lutto nazionale, ed essendo un evento a carattere internazionale, la Fiera del libro di Tunisi aprirà ufficialmente i battenti oggi alle 10, inaugurata dal premier, e dalle 12 sarà aperta al pubblico.
Già, ma che pubblico? Con il Paese scosso da attentati e manifestazioni, e bloccato in un’impasse politica difficile da districare, viene da chiedersi quanti saranno i tunisini che avranno il tempo (o semplicemente la voglia) di visitare il padiglione della manifestazione culturale, che quest’anno “festeggia” i suoi primi 30 anni.
Non è solo la situazione politica a minacciare la buona riuscita della Fiera: secondo infatti alcuni dati sull’affezione alla lettura e alla circolazione del libro in Tunisia, pubblicati nelle scorse settimane da al Huffington Post Maghreb, il libro in Tunisia non gode di buona salute. Solo 100 titoli sono stati pubblicati nel paese dall’inizio dell’anno da circa 190 case editrici (ma del cui numero dubito). Libri che vengono distribuiti nelle circa 20 librerie concentrate soprattutto nelle grandi città (ok, questo dato è allarmante, se qualcuno vuole/può smentirmi mi scriva).
Come nota il quotidiano online, la letteratura tunisina però sarebbe “rifiorita” dopo gli eventi rivoluzionari del 2011: i librai sarebbero stati letteralmente invasi da una mole gigantesca di pubblicazioni aventi come tema la rivoluzione. Ma l’ invasione della saggistica a sfondo socio-politico avrebbe oscurato la produzione di fiction, cioè di narrativa, perchè la prima – semplicemente – vende di più.
Non sono personalmente contro la saggistica: io ne leggo molta, soprattutto di recente, ma la narrativa è un’altra cosa. Fa sognare, sviluppa l’immaginazione, può essere sottile o più immediata. Può far pensare, svagare o semplicemente dimenticare quello che ci circonda. La narrativa, e la poesia, sono essenziali per lo sviluppo della cultura di un popolo, non possono scomparire.
Inoltre in Tunisia, come in tutto il Maghreb, l’editoria soffre del complesso del colonizzato: come nota il francese Franck Mermier nel suo (utilissimo) saggio Il libro e la città. Beirut e l’editoria araba (Mesogea 2012), da un lato l’editoria francese “risucchia i principali autori maghrebini francofoni”, che preferiscono pubblicare i propri libri in Francia, dove una più efficacie distribuzione è assicurata, dall’altro l’editoria maghrebina “copre di più il mercato francofono che quello arabo”, col risultato che la produzione in arabo passa in secondo piano. A corollario infatti Mermier nota come la letteratura in arabo sia appannaggio quasi esclusivo degli editori mediorientali, in cui io farei comprendere naturalmente l’Egitto.
Non che libri in arabo in Tunisia non esistano, anzi, vengono pubblicati anche dalle “major”, come Cérès. Ma qual è lo spazio per la produzione in arabo classico in un paese in cui la maggioranza della popolazione parla in francese o in darija, cioè in dialetto?
L’HuffPost lancia la provocazione: e se gli autori tunisini scrivessero in dialetto? Avrebbero maggiore presa sui tunisini? Di certo sarebbe un bel cambio di passo che non potrebbe non avere effetti anche sugli altri paesi di lingua araba che vivono la diglossia fusha – darija (quando non il multilinguismo arabo-francese-inglese).
Tutti temi scottanti che la fiera di Tunisi quest’anno promette di affrontare nelle numerosi occasioni di dialogo e incontro tra editori, autori e rappresentanti della cultura del mondo arabo che sono state programmate. In particolare verranno affrontati i temi del ruolo del romanzo e degli intellettuali nel mondo arabo; il problema della lettura in Tunisia; l’immagine dell’ “Altro” veicolata nel romanzo arabo e lo stato della traduzione della letteratura araba nelle lingue straniere.
Un’immagine dalla Fiera di Tunisi del 2012 (fonte: pagina Facebook della Fiera)
Il paese ospite d’onore sarà il Senegal, a testimoniare l’interesse degli editori tunisini nei confronti del mercato editoriale non solo senegalese, ma africano in generale (e in particolare, mi immagino, il mercato africano francofono…).
Tra gli invitati internazionali invece figurano, tra gli altri: lo scrittore e giornalista libanese Abbas Beydoun, il direttore del festival di letteratura di Berlino Ulrich Schreiber, il poeta palestinese Ghassan Zaqtan, lo scrittore yemenita Ali al-Muqri, lo scrittore kuwaitiano Saoud al-Sanousi, lo scrittore sudanese Amir Tag Elsir e lo scrittore messicano Alberto Ruy Sanchez.
Per provare a risolvere le problematiche di cui sopra inoltre, gli organizzatori della Fiera, in collaborazione con il Ministero della Cultura e altri organismi, promettono di portare in giro per le diverse regioni del paese alcune attività culturali.
La Tunisia oggi ha senz’altro bisogno di un clima di pacificazione nazionale. E se si cominciasse da una vera ed effettiva politica del libro e della lettura?
Intanto tra i giovani tunisini le cose sono già cambiate, anche grazie ai social network: un gruppo su Facebook dedicato allo scambio di opinioni sui libri ha quasi raggiunto i 2.000 partecipanti.
Tre di questi, Sami Mokaddem, Souha Cherni e Atef Attia, hanno unito le forze e hanno deciso di fondare una casa editrice, Pop Libris, e che ha come obiettivo quello di pubblicare ad un prezzo accessibile a tutti una letteratura pop…olare e di evasione, andando a pescare tra i generi più innovativi, come la letteratura fantastica, il thriller, la letteratura romantica etc. che non trovano spazio nelle case editrici tunisine.
Finora hanno pubblicato solo due libri in francese, ma non precludono affatto la possibilità di pubblicare testi in arabo.
La sfida alle nuove generazioni di lettori, e scrittori, tunisini è forse solo all’inizio.