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E se le favole facessero male?

Da Thewomoms2013

“Si fanno imparare le favole a tutti i fanciulli e non ve n’è uno solo che le capisca. Se poi le capissero, sarebbe ancora peggio, poiché presentano una morale così confusa, così sproporzionata alla loro età, che li condurrebbe piuttosto al vizio che alla virtù”.

Ebbene sì, oggi cito Rousseau. Perché per me aveva ragione.

Calma. Non partite subito in quarta. Uno: non sono così pazzo da costringervi a leggere uno sproloquio di un padre su Rousseau, per carità. Due: so benissimo che la pedagogia di Rousseau è superata, smentita dagli studi successivi e bla bla bla. Però. C’è un però. Sarà pure che lui sposta troppo in avanti certe tappe evolutive del bambino e lo considera un ‘fesso’ fino ai 12 anni, però mica è detto che favole, storie e quant’altro facciano sempre bene al bambino. Rousseau parlava di La Fontaine, io parlo di NinjaGo: il paragone è ardito, lo ammetto, ma regge. E provo a spiegarmi.

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Possibile che Lorenzo debba sempre essere il cattivo di turno? Gioca col fratellino con le malefiche trottoline di Star Wars e sceglie tutti i personaggi del lato oscuro della forza. A Carnevale si veste da un cavaliere nero che mi ammazza Harrison Ford dopo quasi 40 anni di onorata carriera nei panni di Han Solo. Coi Lego prende i serpenti feroci e sventra tutti i poveri Ninja che non salvano la Cina manco mezza volta. Mica è finita. L’altra mattina mi racconta che a scuola fa parte di un gruppo: lui è nei maschi e poi ci sono le femmine. Non faccio in tempo a sorridere per la celebre e tenera rivalità preormonale che riprende: “Sì, loro vogliono sempre giocare con le Winx e noi non ci stiamo. Abbiamo motori più forti e passiamo sulle femmine con raggi di fuoco perché siamo i cattivi”. E ci risiamo.E’ questo il risultato di storie, cartoni, favole che gli abbiamo raccontato per anni? Stiamo allevando un futuro serial killer, gli abbiamo letto i libri di Stephen King, o forse aveva ragione il tanto maltrattato Rousseau: le favole non sono fatte per i bambini. E va bene, prendetela come una provocazione. Lo sanno tutti (metto le mani avanti…!) che i bambini assumono il ruolo del cattivo per comprendere, padroneggiare la paura e diventare grandi. Ma chi ci dice che questo li rende bambini migliori? O quanto meno bambini più buoni (ammettendo per assurdo che un bambino più buono sia anche migliore). Io per ora mi ritrovo un piccoletto che si aggira per casa urlando frasi di guerra alla rinfusa e sparando razzi infuocati contro l’umanità imbelle.

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A leggere gli espertoni scopro che se il bambino è attratto da una storia, significa che “questa si incastra con un suo bisogno, che aiuta a chiarire le sue emozioni, a far sì che queste possano armonizzarsi, a far luce su come riconoscere, affrontare e risolvere le difficoltà”. Bene. E questo dovrebbe tranquillizzarmi? Se il bisogno di mio figlio si incastra con la sistematica distruzione del prossimo qualche domanda dovrò pur pormela.

E così torniamo all’inizio: teoria per teoria allora mi tengo stretto il buon Rousseau: è tutta colpa delle favole. Lui il malcapitato Emilio lo tiene isolato nella campagna, se ne frega del suo sviluppo sociale e del suo senso morale, ostacola la creatività e il senso artistico. E che sarà mai. Almeno se Emilio poi diventa Jack lo squartatore si può sempre dare la colpa a La Fontaine.


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