E se Putin decidesse di fare a meno di Medvedev?

Creato il 26 febbraio 2012 da Alessandroronga @alexronga

Dmitrij Medvedev e Vladimir Putin

Quando il premier russo Vladimir Putin lo scorso settembre ufficializzò la sua candidatura a Presidente delle Repubblica, sembrò scontato che se questi fosse tornato al Cremlino, l’attuale Capo dello Stato Dmitrij Medvedev avrebbe guidato il futuro governo. Il tandem, com’è stato definito l’asse di governo tra i due, avrebbe continuato il suo percorso a posti invertiti, anche se, per la verità, nell’ultimo anno e mezzo Putin e Medvedev, date le molte divergenze su temi sia di politica interna che estera, sono parsi più due ciclisti impegnati in un testa a testa che due amici che pedalano coordinati. Poi sono arrivate la sconfitta alle elezioni parlamentari e le proteste di piazza dei movimenti colorati, che hanno messo in evidenza le profonde crepe esistenti al di là delle mura del Cremlino, con Medvedev che individua la causa delle manifestazioni anti-Putin nella sua esclusione dalla corsa alla presidenza, e con lo staff di Putin che accusa il presidente di non sostenere a dovere il suo compagno di partito.

Ecco perchè, se è alquanto scontato che Putin sarà al Cremlino nei prossimi sei anni, le probabilità che in tale periodo Medvedev sarà il capo del governo sono diminuite rispetto a pochi mesi fa. Il motivo è che Putin, da presidente, sarà chiamato a tutta una serie di riforme strutturali che ha promesso in campagna elettorale, ma difficilmente lo farà senza scontentare le lobby e i potentati economici che lo sostengono da sempre. Ma Medvedev, che da premier a quelle riforme dovrà dare attuazione, ha più volte ribadito di voler tenere lontani i “poteri forti” dalle decisioni che verranno prese.

Da ambienti moscoviti giunge la voce che Putin, che arriverà al Cremlino indebolito come non mai da questi tre turbolenti mesi di campagna elettorale, starebbe per questo pensando a ricostituire il gruppo di fedelissimi che gli permise di regnare incontrastato dal 2000 al 2008: quindi è sicuro un ruolo di governo per Igor Sechin, lo zar dell’energia rappresentante della lobby dei petrolieri, mentre si rafforza l’ipotesi di un ritorno alla guida del governo addirittura di Aleksej Kudrin, ministro delle Finanze fino allo scorso settembre, quando lasciò il suo incarico in polemica con l’indirizzo economico imposto da Medvedev.

Kudrin, anch’egli membro dell’influente clan di San Pietroburgo, è stato l’autore del risanamento dell’economia russa dal 2000. Attualmente si è ritirato dalla scena politica ma non ha disdegnato di prender parte ad alcune delle manifestazioni di piazza che si sono susseguite negli ultimi mesi: sebbene si sia schierato con il candidato liberale Prokhorov, non ha perso la stima di Putin, che in più occasioni ha espresso l’intento di farlo entrare nel suo staff di consulenti presidenziali. Ma non è escluso che Putin possa decidere di nominare premier proprio Kudrin, con cui ha lavorato per undici anni e di cui si fida molto più che di Medvedev. Del resto, il nome dell’ex ministro quale futuro premier era già circolato la scorsa estate.

E a sostegno di Kudrin come Primo Ministro si è schierato addirittura uno degli attuali consiglieri economici di Medvedev, Igor Jurgens, che in un’intervista a Bloomberg ha dichiarato che l’attuale presidente dovrebbe rinunciare ai suoi progetti di diventare premier e lasciare il passo invece all’ex ministro delle Finanze come “premier ideale, capace di lavorare con professionalità per approvare le riforme politiche necessarie”.


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