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1 - ON THE ROAD (Walter Salles)
Un film arrivato clamorosamente fuori tempo massimo. La colpa non è di Walter Salles, che ha fatto il possibile per adattare al meglio il romanzo di Kerouac, ma proprio del libro stesso... un libro ormai prigioniero del tempo e terribilmente datato, che risente malauguratamente del peso degli anni. Ciò che ai tempi era dirompente e trasgressivo, oggi fa oggettivamente ridere. Malgrado l'impegno e le buone prestazioni di (alcuni) attori.
Tutto sa di vecchio e stravisto in questa deludentissima ultima opera di Almodòvar: Don Pedro prova a ritornare al suo cinema degli esordi raccontandoci una storia che vorrebbe essere grottesca e comica, con i consueti intermezzi a sfondo sessuale-libertino-follemente ironico, ma che invece, stavolta, scadono solo nella volgarità più triviale. Un film stanco, spento e che non riesce a sorprendere più nessuno. Un brutto passo indietro che segue, in maniera preoccupante, il flop de La pelle che abito.
Cronaca di una paurosa involuzione: quella di un cineasta di culto che non ne imbrocca più una e si vede costretto a girare film su commissione per tirare a campare, umiliandosi anche ad accettare per il ruolo di protagonista l'improbabile figlio di Will Smith, in una pellicola tutta 'in famiglia' (papà Smith fa da spalla e la moglie produce). Un nepotismo peggio della prima repubblica... che brutta fine per il regista de Il sesto senso!
Malick ormai se ne frega altamente del pubblico, questo è un dato di fatto. Ma è anche oggettivo che i suoi film sono diventati tanto banali quanto pretenziosi, autoreferenziali, fini a se stessi. To the Wonder è una comunissima storia di corna che Malick dilata fino all'umana sopportazione, rendendola terribilmente noiosa e insostenibile anche allo spettatore meglio predisposto. Adesso basta, non ci facciamo più abbindolare.
L'attesa faceva venire l'acquolina in bocca: il regista di Old Boy al suo debutto americano, che porta sullo schermo una torbida vicenda famigliare. Peccato che la sceneggiatura è scritta da un attore televisivo, il film (già rifiutato da mezza Hollywood) è commissionato dagli studios e il regista coreano debba accettare tutto a scatola chiusa. Il risultato è deludente: una confezione impeccabile che nasconde un clamoroso vuoto di idee. La classica montagna che partorisce il topolino.
Uno dei film più ipocriti, bigotti e perbenisti che mai ci sia capitato di vedere. Falso e affabulatorio come pochi, vorrebbe prendere in giro una generazione (quale, poi?) di ragazzi ricchi e decerebrati disposti a tutto pur di sballarsi. Peccato che per giungere allo scopo (lodevole, per carità) ricorra allo stesso trash che tanto disprezza, pur di ottenere visibilità: Spring Breakers è una specie di versione 'scorretta' di Beverly Hills 90210 con quattro protagoniste in bikini dalla prima all'ultima inquadratura, e con generosa esposizione di certe parti anatomiche che sappiamo. Vorrebbe essere alternativo, invece è solo spazzatura.
7 - UN GIORNO SPECIALE (Francesca Comencini)