Sono finito a Sarajevo un paio d’anni dopo. Mangiavo una pagnotta cotta a legno e osservavo, dall’alto di una collina, migliaia di croci sparse. Erano le vittime del conflitto serbo-sboniaco, quello che in tv hanno fatto passare come un videogioco e non come un olocausto.
Al mio ritorno dalla Bosnia, ho deciso che quello sarebbe stato il mio Giorno della Memoria.
Il 27 gennaio si torna a parlare di Shoah, si commemorano gli ebrei, vittime dello sterminio simbolo del XX secolo, ma si dimenticano i morti ammazzati altrove. A scuola avrebbero dovuto insegnarci che non esistono genocidi di seria A o serie B. C’è chi ne fa una perversione politica, c’è qui ne fa un assillo religioso, e nessuno ne fa una questione di coscienza.
Il cinema dei fratelli Taviani ci ha fatto rimbalzare dalle parti del genocidio degli Armeni. Dovremmo riproporre nelle sale La masseria delle allodole per allargare la visuale del giorno della memoria , attraversando le tragedie di Darfur, Ruanda e Sud America con i desaparecidos.
In questo modo milioni di preghiere, che il 27 gennaio vanno incontro alle stelle, diventerebbero espressioni umane e inno di riflessione di tutta la civiltà.