La messa in scena adoperata da Ciprì non si discosta molto da quanto fatto in precedenza in coppia con Maresca, ovvero una messa in scena dai toni farseschi e a tratti surreale, condito da personaggi sopra le righe ed eccessivi. Non a caso la scelta di un protagonista non siciliano come Servillo è servita per marcare ancora di più il personaggio, che si deve come sforzare per apparire un siciliano verace.
La trama, pur avendo come spunto un fatto molto serio, predilige raccontare non il dramma familiare in sé, oppure la mafia o il degrado civile, quanto piuttosto il degrado materiale e morale di una società che vive quasi al di fuori (ma manco tanto) del resto del mondo. Una società dove le uniche cose che contano sono i soldi e la roba inutile... nel film rappresentate dal Mercedes comprato con "i soldi di Serenella" (figlia del protagonista ammazzata per sbaglio da due mafiosi).
È una Sicilia uggiosa e dai toni spenti quella fotografata da Ciprì, una Sicilia che non ha niente di bello (manco il sole) ma solo case popolari che cadono a pezzi, navi arenate e arrugginite e fabbriche sullo sfondo.
Una pellicola per certi versi potente e riuscita, condito da humor nero e situazioni grottesche (ma manco tanto), interpretato magistralmente da Servillo così come dagli altri attori - vi è anche il cileno Afredo Castro - e scritto in maniera sublime e intelligente.
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