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E’ stato il figlio di Daniele Ciprì

Creato il 14 settembre 2012 da Tiziana Zita @Cletterarie

E’ stato il figlio di Daniele CiprìSostiene la Critica che trattasi di grottesco.
Vero, essendo quella l’impronta per cui Daniele Ciprì (insieme a Franco Maresco, suo ex complice in avventure come Cinico Tv) è conosciuto ai più.
Eppure la definizione non basta. Io ci ho visto anche dell’iper-realismo, per esempio, e il filo rosso della commedia all’italiana, quella che ciclicamente muore e fortunatamente risorge. Se avete frequentato alcune spiagge del centro-sud (e la loro spensierata coabitazione con strati di cicche-lattine-vetro-plastica e scarichi a mare), se vi siete soffermati su quell’umanità panciuta, sfatta e sudata che le popola e sulle periferie da cui proviene, la vicenda di E’ stato il figlio non vi sembrerà poi così lontana.

La famiglia Ciraulo vive e si arrabatta nella periferia più misera di Palermo: il capo-famiglia, Nicola, trascina il vecchio padre e lo svogliato figlio maggiore nella quotidiana ricerca del ferro vecchio da rubare alle navi in disarmo; le donne – la nonna e la moglie – a casa, a far quadrare il pranzo con la cena; la bambina più piccola a giocare in cortile e a far scoppiare bombolette arrugginite. Sullo sfondo, che lambisce la stessa famiglia, la manovalanza della malavita. E qui irrompe il primo dramma: la pallottola destinata a regolare un conto tra bande uccide la bambina. La disperazione è totale.

E’ stato il figlio di Daniele Ciprì
Fino a quando qualcuno non fa balenare l’idea di un risarcimento, quello che lo Stato riconosce alle vittime di mafia. Ed è qui, nel tentativo di accaparrarsi la somma che li riscatterà dalla miseria, che la vena grottesca di Ciprì trova la massima espressione: l’affare viene fiutato da azzeccagarbugli forforosi e strabici alla Marty Feldman e laidi strozzini con la passione per il melò, mentre la famiglia sprofonda nei debiti. Quando finalmente i soldi arrivano, saranno molti meno del previsto, ma quanto basta a comprarsi il Sogno, rappresentato da una fiammante Mercedes. Il capo-famiglia vede in quell’auto di lusso il simbolo del riscatto, dell’onore e della dignità da ostentare nel quartiere. Sarà invece veicolo di sconfitta e rovina, motore inarrestabile della tragedia finale.

E’ stato il figlio di Daniele Ciprì
La storia è tratta dall’omonimo libro di Roberto Alajmo e, consumato da tempo il divorzio artistico da Maresco, rappresenta il debutto di Ciprì solista nella regia. Il film amplifica la tragica ironia del libro e, da straordinario direttore della fotografia qual è – non a caso è stato premiato a Venezia per la miglior fotografia (è sua anche per quella di Bella Addormentata di Bellocchio) – Ciprì sceglie una fotografia slavata, dilatata, a tratti quasi solarizzata, perfetta per la miseria archetipica di paesaggi e personaggi: arcaici e vinti come in un racconto di Verga, ma irretiti in un sogno consumistico che li rende brutti, sporchi e cattivi come nel film di Scola.
Sostiene il regista che il suo vero lusso è stato il cast e si vede: indimenticabili, tra gli altri, Giselda Volodi nel ruolo della madre e Fabrizio Falco (premio Mastroianni come miglior attore emergente) in quello del figlio timido e stralunato. Magnifico Toni Servillo che sfida se stesso, addentrandosi nel dialetto e nella gestualità siciliani: il suo inetto, ignorante, sguaiato e parossistico Nicola Ciraulo è la nuova maschera tragicomica, destinata a rimanere a lungo nel nostro immaginario (vedi il trailer).

E’ stato il figlio di Daniele Ciprì, da oggi nelle sale.
E’ stato il figlio di Roberto Alajmo, 2005, Mondadori


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