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E' sufficiente la maggioranza assembleare per la rimozione dell'antenna centralizzata condominiale
Da AvvdanielaconteSecondo la Corte di Cassazione, l'antenna centralizzata condominiale è un bene comune per la cui installazione occorrono un'attività di impianto e di gestione comune. Pertanto, occorre la delibera dell'assemblea, con votazione positiva a maggioranza
Tizio cita in giudizio il Condominio, chiedendo la condanna di quest'ultimo al ripristino dell'antenna centralizzata, esistente fin dal 1970.
La domanda viene rigettata in primo e secondo grado. Tizio, allora, presenta ricorso presso la Corte di Cassazione.
La Suprema Corte osserva che l'antenna centralizzata condominiale rientra tra i beni comuni previsti dall'art. 1117, 3^ comma, cod. civ.
Pertanto, le antenne centralizzate " per loro stessa natura non sono fruibili in maniera personale e diretta da ciascun condomino, ma richiedono un'attività di impianto e di gestione comune (comprendente la successiva manuntenzione), che è compito dell'assemblea deliberare istituendo il relativo servizio ".
I Giudici con l'ermellino aggiungono che " rientra tra i poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini " (in proposito vedi, ex multis, Cass. n. 6915 del 2007).
Da quanto detto discende che, nel caso di specie, l'antenna centralizzata è cosa comune ex art. 1117 , 3^ comma, cod. civ., ma " non costituisce ex se bene comune, se non in quanto idonea a soddisfare l'interesse dei condomini a fruire del relativo servizio condominiale.... Nel caso in esame non si tratta, pertanto, di impedire il godimento individuale di un bene comune, ma di non dar luogo ad un servizio la cui attivazione o prosecuzione non può essere imposta dal singolo partecipante per il solo fatto di essere comproprietario delle cose che ne costituiscono l'impianto materiale ".
Alla luce di questi motivi, con sentenza n. 144 depositata in data 11 gennaio 2012, la Corte di Cassazione, 2^ Sez. civile, ha rigettato il ricorso di Tizio, confermando la sentenza del Tribunale di Roma impugnata.
Roma, 15 gennaio 2012 Avv. Daniela Conte
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