È sul ponte di una nave che veleggia in solitario

Da Matteotelara

È sul ponte di una nave che veleggia in solitario verso il regno delle cose selvagge che immagino Maurice Sendak questa notte, a occhi chiusi e polmoni aperti, ad affrontare la grande avventura della morte.
Lui che aveva sempre descritto la sua infanzia come “a terrible situation”, sia per il dramma dell’Olocausto che aveva coinvolto la sua famiglia e lo aveva esposto fin da piccolo al concetto di mortalità, sia per i problemi di salute che l’avevano confinato a lungo a letto (portandolo, però, a sviluppare una fervida e precoce immaginazione) era destinato a diventare uno dei più esperti conoscitori del viaggio solitario dietro le quinte del mondo. È questo, in fondo, che fa di un uomo un grande uomo. E di un grande uomo, un grande storyteller.
Ma Maurice Sendak non era soltanto uno storyteller, era anche un sorprendentemente dotato illustratore, un disegnatore dalla penna ‘pensante’ e ‘sognate’, capace di tenere queste due anime misteriosamente in equilibrio nel tratto inconfondibile delle sue visioni.
Diceva d’aver deciso di diventare illustratore dopo aver visto “Fantasia” di Walt Disney: ma nessuno gli aveva mai chiesto da dove fosse nata la sua capacità di saper anche raccontare le storie che disegnava.
Quando “Where the wild thing are” fu per la prima volta pubblicato, nel 1963, non tutti realizzarono subito quanto, al di là dell’originalità del tema, fosse la presenza di un fino ad allora inespresso messaggio a rendere quel libro una storia destinata a restare.
Ciò che “Where the wild things are” custodisce è il segreto di saper raccontare ai bambini quello che i bambini amano sentire, e di riuscire a farlo nella maniera in cui loro stessi lo racconterebbero. E, così facendo, di far rivedere agli adulti qualcosa di cui da tempo si erano dimenticati: siamo tutti universali particolari, in fondo, che vivono la quotidiana nostalgia d’essere al mondo aggrappati ai sogni della nostra camera di bambini.
Eccola, la vera bellezza di tutte le storie di Sendak, nessuna esclusa: aver ridato agli adulti un mondo dove i bambini sono davvero bambini, e gli adulti, finalmente, genitori.


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