Si sa, il primo amore non si scorda mai.
E uno dei miei primi amori è sicuramente la poesia (ammetto di aver anche imbrattato qualche foglio, in gioventù…)
Quando due amori si incontrano in un’unica manifestazione è facile che sia gioia, ed è per questo che seguo sempre con molto interesse la poesia declinata nell’accezione per bambini, seppure mi sia interrogata spesso sul caso o meno di fare una tale distinguo o se la poesia, in quanto tale, non sia immune da classificazioni e limitazioni.
Imbattermi nel libro di Giusi Quarenghi “E sulle case il cielo” ha di certo conferito qualche punto in più alla seconda ipotesi: i versi che con leggiadria, forza e, insieme, discrezione, si susseguono tra le pagine elegantemente illustrate da Chiara Carrer, sono dotati di un’anima lirica che incanta e di una potenza immaginifica che non ha nulla da invidiare ad altre poesie più “laureate”.
Ma, allo stesso tempo, non c’è alcun dubbio che i componimenti di Quarenghi siano dedicati e destinati ai bambini: loro è la sensibilità, loro il mondo raccontato.
Ai piccoli, ai giovanissimi appartengono le emozioni, i moti del cuore, gli scenari dipinti. Leggerli è come intrufolarsi, spiare da un minuscolo foro che a noi adulti non appartiene.
Sono versi lievi, delicati e, contemporaneamente, scanzonati, un po’ birichini.
Dicono ciò che gli occhi vedono e l’anima sente, non tacciono sulla paura, come sulla meraviglia, non arretrano di fronte a rabbie, desideri, amori.
Sono naturali, come i bambini e le stagioni, come gli animali domestici e i fiori.
Amano l’estate, come è giusto che sia, ma sanno essere clementi anche con l’inverno, a meno che non sia quello del cuore.
Vogliono bene al vento, alle corse, ai capelli spettinati, alla lotta per gioco, ma diventano piccini di fronte alla solitudine, ai mostri notturni, ai temporali.
Fanno fatica a crescere, ma non a giocare e sanno di essere semplici ma profondi e di avere, dentro, tutta la forza dell’infanzia, tutto il candore e la sincerità e l’incanto dello stupore.
Le leggo e le rileggo, queste poesie, e mi accorgo che sono un po’ come le ciliegie – che una tira l’altra, senza stancare – e come il vino buono –che al secondo assaggio migliora ancora un pochino, e non vi dico poi al terzo.
Le leggo e mi meraviglio perché sanno disvelarsi sempre un po’ di più, raccontare meglio, calzare sullo stato d’animo e sull’immagine con la morbidezza e il calore di un buon guanto di lana.
Pagine che strizzano l’occhio e invitano al sorriso, ma insieme si lasciano rimirare come bei quadri in una galleria, alte e sicure nella loro raffinatezza.
Ed il bello è che ci si accorge che autrice e illustratrice qui si confondono un po’.
Sì, perché la poesia di Giusi Quarenghi dipinge e le immagini di Chiara Carrer sanno raccontare in uno splendido connubio armonico entro il quale perdersi è un piacere.
Tratti a matita, colori “caldi” e colori “freddi” – metà libro risponde a “terra e fuoco”, l’altra metà a “neve ed erba” – interpretazioni visive sempre adeguate, sensibili e attente, vive nei dettagli e intense nell’espressività.
Difficile non pensare che si tratti della coppia perfetta e che il libro faccia poesia in ogni suo particolare, comprese le pagine vuote e colorate che ne scandiscono il ritmo.
Lascio ai miei lettori il dono di qualche estratto (la scelta non è stata facile):
(età consigliata: dai 7 anni)
Se il libro ti piace, compralo qui: E sulle case il cielo