È rientrata quatta quatta dalla porta di servizio, ha attraversato casa in punta di piedi e si è lasciata cadere sul divano. Ti sei voltato e –ahimè- l’hai vista. E pensare che per un attimo, poco tempo fa, hai pensato addirittura di esserti liberato di lei, che avesse fatto i bagagli e fosse fuggita via per sempre. Povero scemo. Lei era fuori dal portone ad aspettare il momento opportuno per scivolare di nuovo in casa, e adesso e già lì che si mette comoda, sistema un cuscino dietro la testa, stende le braccia sui braccioli, accavalla le gambe con ridicolo atteggiamento osè. Ti osserva con i suoi occhi beffardi e aspetta forse che tu le dica bentornata. Che insolente! E pensare che una parte di te è quasi lì per farlo. E’ la parte di te più timorosa e fragile, quella che ama l’odore stantio delle lenzuola di notte e il suono mellifluo delle parole nei ricordi e il ritmo sterile dei vizi e delle abitudini mai sopite.Le volti le spalle ma senti i suoi occhi addosso, ne vedi il riflesso sullo schermo lattiginoso del portatile su cui scorrono i soliti video visti mille volte, aspiri il suo odore tra l’aroma rancido delle suppellettili invecchiate e del legno impolverato, ascolti il suo respiro mescolarsi con il ronzio del frigorifero e gli sbuffi della caldaia mentre cerchi di ricordare che suono fa il tuo cellulare.È la tua coinquilina e non la puoi cacciare, nessuno l’ha invitata ma lei è lì. E lo sarà per sempre.È sgraziata e arrogante, infida e vile, maleodorante e subdola, strega e disfattista.È una brutta puttana.Lei, la solitudine.