Nei nostro cinema è uscito un paio di mesi fa, e se non l’ho messo nella mia classifica dei migliori film dell’anno è perché l’avevo già inserita in quella del 2014 (l’avevo visto alla Berlinale. Ma questo film tedesco, una rivelazione grandissima, merita di essere ricordato come uno degli arrivi più significativi nelle nostre sale di questo 2015.Kreuzweg – Le stazioni della fede, regia di Dieter Brüggemann. Con Lea van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter.
Vincitore alla Berlinale del premio per la migliore sceneggiatura. Meritava di più, meritava l’Orso d’oro, perché questo è uno dei film migliori della decade. Scandito dalle stazioni della Via Crucis, Kreuzweg è la personale ascesa al Golgota e al martirio di una ragazzina di 14 anni cresciuta in una famiglia cattolico-integralista. Un film che non dileggia chi crede, che si fa domande ma non dà risposte. Con un occhio a Dreyer, Bergman, Mungiu. E non date retta a chi ne parlerà come di un atto d’accusa al fondamentalismo cristiano: Kreuzweg è molto di più. Più ricco, complesso, stratificato. Voto 9
Alla Berlinale 2014 è risultato essere uno dei film più belli, in un concorso peraltro sontuoso che allineava Boyhood, Grand Budapest Hotel e Fuochi d’artificio in pieno giorno, poi vincitore dell’Orso d’oro. Bello e importante per quanto racconta e come lo fa. Per il coraggio, inaudito, di riproporre al centro della narrazione e alla nostra attenzione il sacro, il trascendente, il religioso, l’oltre-naturale. Dio. La fede. Il cristianesimo vissuto come esperienza totale e radicale in un’Europa, in un Occidente, oggi quasi completamente secolarizzati. Cioè, tutto quello che la cultura ormai dominante – quella di cui sono intrisi i media e anche le nostre menti, le nostre conversazioni, le nostre cene conviviali con amici e conoscenti e non-conoscenti – ha espunto da molto tempo quale cosa sconveniente, anche socialmente sconveniente, quale residuo di un’età oscura, quale indice di una visione povera del mondo e di bassa appartenenza (sotto)culturale. Sono laico, ma ho un gran rispetto per chi crede e, ebbene sì, anche per il cristianesimo, senza del quale noi – noi dell’occidente intendo – saremmo quello che siamo, anche i laici che siamo. Detesto le grevi e triviali polemiche antiecclesiastiche, antipapiste, contro la Chiesa troppo ricca e arruffona e corrotta, e tutto quello sparlare greve di Ior e Marcinkus, e delle scarpe Prada di Ratzinger ecc. ecc. Quell’ignobile repertorio del dalli al prete, dalli alla tonaca, dalli al papa e al cardinale, di cui sono pieni, e basta dare un’occhiata, i social media che frequentiamo. Ecco, in un mondo che oggi è questo qui, appare un film come Kreuzberg, ed è una rivelazione. Storia, sofferenza e passione di una ragazzina di anni 14 di nome Maria. Che è parte di una famiglia cattolico-tradizionalista, messa e preghiere in rigoroso latino, recupero e pratica del rito tridentino, ogni passione e ogni cedimento alla carne banditi. Un ambiente che somiglia a quello filmato in uno dei documentari migliori del 2013, Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini (lì eravamo in Texas, all’interno di una famiglia di fede presbiteriana). Si sta preparando alla cresima, Maria, dunque a diventare soldato di Cristo, ma la sua mente è tormentata dall’idea del martirio, del sacrificio di sé a Dio. Aspirazione che è stata in passato di tante sante, di tante ‘pazze di Dio’, e oggi liquidata come aberrazione psichica. Lo straordinario di questo film è che prende sul serio Maria e la sua aspirazione a un personale calvario, non la liquida trivialmente come una matta da legare, ce la racconta sospendendo ogni giudizio e standole invece vicino e facendocela amare. E anche se il regista (pure autore della sceneggiatura insieme alla sorella Anna, che pare abbia sperimentato un’educazione simile) ci mostra la durezza iper rigorista del contesto familiare e soprattutto della madre, si astiene da ogni rozza polemica antireligiosa. Il contrario di quello che aveva fatto l’austriaco Ulrich Seidl nel suo tremendo Paradiso: fede dove sbeffeggiava senza pietà una poveretta solo colpevole di essere una fervente cattolica. Maria ha un fratellino di quattro anni che non parla, autismo dicono gli specialisti. Ma lei comincia a pensare che se offrisse la propria vita a Dio potrebbe ottenere in cambio la guarigione del fratello.
SPOILER ALERT. Così si prepara a lasciare questo mondo, rinunciandovi a poco a poco, ritirandosi in sé, alleggerendo sempre di più il proprio corpo fino a quasi dissolverlo. Morirà di rinuncia e di consunzione. Il suo percorso è scandito in capitoli che riprendono le stazioni della Via Crucis, in un parallelismo cristologico che, se appare inizialmente forzato e programmatico, poi ci appare sempre più coerente: Cristo cade la prima volta, la seconda volta, la Veronica gli asciuga il viso, il buon cireneo lo aiuta a portare la croce, e così fino al’ultima stazione, che sapete bene quale sia. Noi insieme a Maria saliamo verso il suo Golgota, a ogni stazione della Via Crucis ci viene mostrato un corrispondente e affine episodio della sua vita. Ogni blocco, ogni stazione, è rigorosamente ripreso a camera fissa, a creare l’effetto di un oratorio religioso. Dialoghi che, pur nella loro naturalezza e quotidianità, bucano l’ordinaria dimensione e ci scagliano oltre. Maria muore, e nel momento in cui lei muore, il fratellino comincia a parlare. Un miracolo, come nel finale di Ordet di Dreyer, film di assoluto riferimento di questo piccolo, nuovo capolavoro. Ma ci sono moltissimi altri echi, per esempio dell’Ingmar Bergman di La fontana della vergine, il suo film più ‘miracolistico’, a Oltre le colline di Cristian Mungiu, del quale però, e fortunatamente, non riprende le corrive polemiche antireligiose. Certo, il film si muove in un’area di ambiguità (come Lourdes di Jessica Hausner, con cui ha qualche affinità), lasciando allo spettatore la scelta di vedere nella via crucis di Maria il risultato di un’educazione fanatica o una storia di santità.
Magazine Cinema
E tra i film dell’anno c’è anche KREUZWEG – LE STAZIONI DELLA FEDE
Creato il 12 dicembre 2015 da LuigilocatelliI suoi ultimi articoli
-
Film stasera in tv: IN GOOD COMPANY (merc. 23 marzo 2016, tv in chiaro)
-
Un film raro stasera in tv: UN URLO NELLA NOTTE (merc. 23 marzo 2016, tv in chiaro)
-
Film stasera in prima tv: WHAT IF (merc. 23 marzo 2016, tv in chiaro)
-
Film-doc stasera in tv: SUL VULCANO (merc. 23 marzo 2016, tv in chiaro)