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'E tu sei sempre tu'

Creato il 04 luglio 2013 da Vidi

Ody, in un commento al post di ieri, riferendosi a me ha scritto la frase che dà il titolo all'articolo di oggi, e, per una serie di associazioni di idee che non so spiegare, mi ha fatto tornare in mente una vecchia storiella che si raccontava dalle mie parti e che sarebbe stata bene nel capitolo LINGUA o anche nel capitolo 'E tu sei sempre tu'AMORE del giochino di qualche settimana fa.


Si racconta che anni fa, quando a scuola ci andavano solo i benestanti, nelle campagne di periferia vivesse un giovinotto molto ma molto bello. Le bellezze di una volta: alti come un cipresso, massicci come una quercia, irrobustiti dalla fatica, abbronzati da ore a zappare la terra sotto il sole. Coi suoi 20 anni, una volta ripulito e vestito bene, si aveva l'effetto che preannuncia un proverbio delle mie parti: 'Vesti cippone che pari barone'. 
Dato che l'unico luogo dove c'erano donne era la chiesa, una bella domenica il cippone si vestì con l'abito della festa e uscì per andare a messa.
Una signora di nobile famiglia, moglie del proprietario dell'appezzamento di terreno condotto a mezzadrìa dai parenti del giovane, rimase colpita dall'avvenenza del suo mezzadro; lo aveva sempre visto sotto il sole, sporco, con un fazzolettone legato alle quattro nocche per ripararsi dalla calura, e non aveva mai prestato attenzione ad altro. Vedendolo quella mattina rimase sott'a botta 'mpressionata e all'uscita dalla chiesa si avvicinò per salutarlo:

- Buongiorno, salutatemi vostro padre
- State servita, 'ccellenza, appena vado ce lo dico - rispose il giovane togliendo immediatamente il capello e facendo anche un mezzo inchino, come gli era stato insegnato di fare davanti ai padroni.
- E ditegli pure che ha un figlio veramente aitante- aggiunse la signora.

'E tu sei sempre tu'

Il nostro rimase col cappello in mano e l'occhio vitreo. La signora, un po' intimorita dalla non reazione e non potendo andare oltre perché sarebbe stato disdicevole, si girò e se ne andò.
La domenica successiva il nostro tornò a messa, e pure la signora.
All'uscita stessa scena:
- Salutatemi vostro padre e ditegli che ha un figlio aitante- e di nuovo il nostro raffreddò gli ardori della signora rimanendo fermo lì come nu piro sicco. La signora pensò che fosse timidezza, e, sebbene quasi convinta che non avrebbe avuto riscontro, anche alla terza domenica gli disse:
- Salutatemi vostro padre e ditegli che ha un figlio aitante.
Stavolta però il giovane le diede soddisfazione:
- 'ccellenza, io a Tata (così chiamavano una volta il padre nelle campagne) ce l'aggio ditto che so' aitante. E  isso m'ha ditto ca si aitante è 'na cosa bbona, aitante so' io e aitante si' tu. Ma si aitante nun è 'na cosa 'bbona, puro si sì' la patrona hai tante e quilli cavici dint'i rini ca te struppéo, sa! (anche se sei la padrona ti darò tanti calci nelle reni che ti renderò storpia, sai?)

Ody, non è che, per caso, so' sempre aitante pur'io? 
'E tu sei sempre tu'

 

P.S. Francy, se ti viene da piangere anche oggi la cosa diventa grave!

'E tu sei sempre tu'


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