Raccontare Pino Daniele non è semplice e raccontarlo per ciò che ha rappresentato per la sua città e per il popolo napoletano è ancora più arduo.
A Napoli la vita si esprime attraverso degli atteggiamenti difficilmente descrivibili con delle parole e che siano scritte o parlate poco cambia. Dicono che sia la patria della gestualità, un’arte capace di rappresentare e di soppiantare il linguaggio delle parole. Non solo.
C’è un legame inscindibile tra Napoli ed i suoi figli, la maggior parte dei quali legati come i neonati alla loro mamma, senza mai riuscire, nonostante tutto, a recidere il cordone ombelicale. E’ così per ogni personalità legata indissolubilmente all’essenza di Napoli, come per Totò, Eduardo, Massimo Troisi, Murolo, e davvero tanti altri, che ognuno sentiva, e sente ancora oggi, come parte di una grande famiglia allargata, facendo spazio proprio a chi, a differenza di altri, sapeva farti sentire sempre “a casa”.
Napoli è tutto, bellezza ed inferno di una città che ha l’orgoglio di aver dato i natali a personaggi che attraverso le loro capacità hanno saputo, almeno in parte, riscattare il vero valore di una città che troppo spesso qualcuno dimentica.
A raccontare Napoli, Pino Daniele ci ha sempre provato.
Attraverso quello che sapeva fare meglio, raccontava Napoli: con le sue canzoni, il suo amore per la città. Una città che lo ha lanciato con un bagaglio culturale ed esperienzale che ha saputo sfruttare come pochi altri non mancando mai di evidenziare quelle caratteristiche negative proprie della città che spesso emergevano dalle sue strofe.
Era espressione di una Napoli che cercava sempre di distogliere l’attenzione verso quei particolari negativi che non facevano altro che dare un’immagine distorta di tutto ciò che poteva essere Napoli.
Tutti a Napoli hanno un ricordo ancora vivido di cosa fosse Pino Daniele.
Una persona che ti faceva sentire orgoglioso di poterlo annoverare tra i “tuoi”, uno sperimentatore che ha saputo rivalutare, come molti altri, l’immagine di una città troppo spesso, suo malgrado, oggetto dei pregiudizi di chi non aveva, e non ha, mai conosciuto un centimetro di questa città, unica nel suo genere.
Sono cresciuto con le sue canzoni che, in un percorso “senza fine”, hanno accompagnato ogni mio passo, dall’adolescenza ai giorni attuali, ed ancora mi è difficile metabolizzare questa notizia.
Ero ancora adolescente quando ascoltai per la prima volta una strofa di Anna verrà, una canzone unica nel suo genere, quella musica così leggera e così tremendamente calda, che ti abbraccia in ogni parola ed in ogni melodia. Ricordo ancora la difficoltà nel portare ogni suo brano con me, durante ogni giornata, a differenza di oggi che basta un click con il mouse per scaricare e trasferire canzoni nei mille strumenti di riproduzione audio, oggi disponibili a basso costo per tutti.
Come mai potrei dimenticare Gesù Gesù, che sullo stessa leggerezza melodica della precedente riusciva ad ingabbiarmi in un’atmosfera magica, spesso espressione di quella malinconia tipica degli adolescenti, senza voler a tutti i costi esternare quella tristezza che ci accompagnava sempre nei nostri giorni.
Pino esprimeva tutto ciò che noi volevamo dire, raccontando i temi sociali ma anche l’amore, i sogni aggiungendo quella “verve” napoletana che solo noi potevamo e possiamo ancora oggi tradurre, senza mai scadere nella banalità che per certi versi lo attrarrà nelle successive sperimentazioni, che non mi facevano e non mi fanno tutt’ora esaltare ma che sicuramente erano necessarie per la sua carriera, per il definitivo salto di popolarità.
Le canzoni che potrei citare sono davvero moltissime e rischierei di ripetere le parole di moltissimi che in queste ore si sono affannati repentinamente e sicuramente ,come me in uno stato di incredulità, hanno scritto, detto, qualcosa per ricordare Pino Daniele, non un semplice musicista, ma il figlio di una città, il fratello di un popolo che non dimenticherà mai chi è stato.