L’indomani della disfatta. Si entra nel tribunale. Ci si siede davanti, per vedere tutti da vicino. Specialmente Prandelli, l’uomo delle scelte questa volta “sbagliate”, a detta di molti.
Verratti al fianco di Pirlo non aveva brillato ma aveva funzionato contro i leoni di Hodgson: accorciava la linea di passaggio, dava un appoggio alle sponde “pirlesche”, permettendo di respirare a lui e alla manovra. Invece, Thiago Motta. Invece, Chiellini riportato al centro: irriconoscibile. Davanti la supestar, Mario Balotelli. Chiamato da tutti (media e giocatori inglesi inclusi) a fare a pezzi la Costa Rica per mantenere in vita le ultime speranze rimaste di una qualificazione inglese; lasciamo perdere il bacio alla Regina. Ebbene, l’Italia che sceglie Balotelli, la star twittatrice e spaccona furiosa col mondo e timida in campo quando conta, e lascia Immobile in panchina, l’uomo del destino e delle statistiche lucenti (capocannoniere della serie A).
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Questa scelta porta in grembo un hashtag che è un modo di pensare prima che una tendenza su un social; prende spunto e nasce da un articolo di Massimo Gramellini su LaStampa.it: «Un paese Immobile». L’Italia di Prandelli si guarda allo specchio e la mattina seguente si riconosce in tutto quello che non funziona di un paese in ginocchio. Il paese che preferisce l’apparenza alla sostanza, la scorciatoia alla fatica della scalata, la giocata al gioco corale. Tornando a quanto visto all’Arena Pernambuco. Contro l’Uruguay, quale Italia sceglierà il ct?
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