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“è una verità universalmente riconosciuta …”

Da Suddegenere

<< La madre è una donna qualsiasi. E qui volevo introdurre un pensiero che nel libro L’ordine simbolico della madre, forse ho messo ma non con la chiarezza con cui adesso lo vedo, un argomento nuovo che ho trovato.   Il pensiero è questo: perché una donna si trasformi in madre ci vuole un lavoro simbolico, il grosso di questo lavoro simbolico, chiamiamolo così, che è un lavoro creativo, lo fa la creatura piccola, lo fa il bambino, la bambina, non lo fa lei, non lo fa la madre.   La donna che diviene madre lo diventa in rispondenza a qualcosa che fa la creatura già nel ventre materno. Già nel ventre materno questa creatura sta facendo questo lavoro simbolico, con la sua semplice presenza, non lo fa ancora con delle invenzioni, poi quando verrà alla luce, comincerà a farlo anche con delle invenzioni.>>  Luisa Muraro ( il lavoro della creatura piccola, Mimesi ed., 2013)2013-10-27 17.31.16

Mi sono resa conto, non senza un certo  stupore, che tra le categorie di questo blog non ne è mai esistita una denominata “maternità”. Eppure di maternità e figlio ne ho scritto diverse volte. Ho operato una rimozione, oppure ho inconsciamente escluso l’argomento perché almeno in questo spazio non ci fosse un segno così diretto e inequivocabile  che indicasse il legame tra “la creatura piccola” e me che ne sono la madre? Perché almeno in questo spazio lo “status” di madre non dovesse prevalere, per chi legge e per me stessa? Ho aperto questo blog quando il bambino era ancora molto piccolo e stavo da poco iniziando a fare i conti con un’altra me stessa, quella che è cresciuta con la pratica materna, con il confronto con un piccolo essere umano che ogni giorno si trova a fare cose da giganti e fa in modo che tu ti stupisca di cosa sei capace di fare con i tuoi stessi neuroni, dai pindarici voli della fantasia al conto dei millimetri sui quali poggi i piedi e vai a muovere i tuoi passi, dell’amore di cui sei capace.

L’inconscio della donna registra che la nascita di un altro essere avviene al prezzo dell’accettazione della sua propria morte. E nessuno, se non la donna stessa, può decidere se è giunto per lei il momento di tale accettazione”. Rivolta femminile (1975)

Quando decidi di far nascere un figlio non hai realmente la minima idea di  cosa accadrà di te stessa, pensi solo che ti stai imbarcando in una grossa avventura (e che grossa lo diventerai anche tu). Io non avevo assolutamente intenzione di tendere verso la “morte”, mettendo al mondo un figlio, tantomeno di accettarla; ma morte c’è stata  (non l’annullarsi o il rinnegarsi) e subito dopo c’è stata anche la fenice e con essa la rinascita di una persona che mi piaceva, molto. I parenti stretti rimasero al colmo dello stupore quando comunicai che ero incinta. Dissi “è capitato”, quasi come se dovessi giustificarmi, e la risposta fu una sorta di sollievo generale accompagnato da un non precisato “meglio così” che sottendeva un “altrimenti non l’avresti mai fatto”, già rassegnati all’ inevitabile evento catastrofico (il non avere figli) dovuto alla menopausa imminente (avevo 33 anni).

Ma io, in tutta sincerità, perché ho scelto di diventare madre? Perché i neonati mi fanno letteralmente impazzire dalla gioia?(fino a 2 anni, poi non sopporto la maggior parte dei bimbi che conosco, li trovo quasi antipatici). Perché volevo sperimentare un “modello famiglia”?(non credo proprio, nel bene e nel male sapevo già con chiarezza cosa può essere una “famiglia”). Fatto sta (e qui c’è di sicuro qualcuna very strong che mi ritirerà il “patentino di femminista”) che il desiderio di un figlio è venuto dopo aver incontrato Piero. Mi sono innamorata di lui e ho pensato (e penso ancora) che Piero fosse l’unico uomo al mondo con cui avrei voluto e potuto crescere un bambino. Le vaghe risposte che mi sono data, dunque, sono tutte opinabili e irragionevoli e per di più mi sono ritrovata in periodi diversi della vita a viaggiare tra un desiderio e la sua stessa negazione.

Ma il desiderio di maternità rientra per caso tra quei desideri le cui ragioni profonde abbiamo timore di indagare con noi stesse, tanto che a volte preferiamo lasciarle dove stanno? Ha forse l’obbligo della razionalità incondizionata? E perché mai dovrei scrivere il corso della mia vita improntandolo a razionalità incondizionata? L’ho mai fatto? No, e del risultato di scelte considerate da altre “fuori dalla brocca” o “inopportune e irragionevoli” non ho avuto da pentirmene o comunque le ho affrontate quali erano, ovvero: mie, personali, autonome e libere scelte. Il desiderio di maternità fa da presupposto di una di queste scelte e in quanto tale è insindacabile, ovvero non può essere sottoposto a giudizio e ad approvazione altrui, sia quando esiste che quando non esiste.

Dall’alto di cosa pensi di potermi dare della mentecatta se ho scelto di fare un figlio? Dall’alto di cosa penso di poterti dare della mentecatta se hai scelto di non farne? E infatti non mi azzarderei mai a fare l’apologia del desiderio di maternità o della maternità stessa e neanche viceversa.

Altrove ho già scritto di come il desiderio di maternità ci appartenga in maniera così intima e personale da non poter essere racchiuso in nessuno stereotipo; di come sia un percorso ambiguo che, se vissuto con una certa dose di consapevolezza storica e personale, possa anche essere doloroso; di come sia un percorso minato da un numero infinito di tabù e di come sia difficile scoprire e dire a se stesse, con onestà,  cosa si sente e cosa si desidera (sia che tu voglia un figlio o no) quando si è circondate da persone che ritengono di sapere perfettamente cosa tu debba sentire e desiderare, e non hanno remore nel farti partecipe delle loro certezze. Persino in questo momento della mia vita, c’è chi mi preme perchè u figghiolu non resti “solo” e chi invece mi ammonisce perchè non mi metta in testa “strane” idee (il tutto di fronte al mio totale silenzio e riserbo rispetto all’argomento).

E’ giusto che tu voglia un figlio? E’ giusto che tu non lo voglia? Chi mi può dire cosa è giusto che io possa desiderare? Nessuno e nessuna.

 “E’ una verità universalmente riconosciuta”(tra donne), che quando una donna compie una scelta in fatto di maternità, qualunque essa sia, ci sarà sempre qualcuna che avrà da ridire:

Se non desideri figli  è perchè  “pensi solo a te stessa” (sei egoista!)

Se ne desideri è perchè “sei vittima del patriarcato e schiava del capitalismo” (sei comunque egoista!)

Se ne desideri uno solo (e non di più) è perchè “chi gli terrà compagnia? Chi starà con lui quando morirai?” (sei doppiamente egoista!)

“E’ una verità universalmente riconosciuta (e sottaciuta, tra madri), che la “buona madre” non esiste e non è mai esistita. E’ solo una costruzione teorica del patriarcato (e di sentimenti molto umani come gelosia, invidia e presunzione) che serve a farci sentire costantemente inadeguate e a tenerci imbrigliate, perché se pure una madre darà il meglio che può nei confronti della prole, qualche cavolata la farà sempre, ma magari non sarà devastante come vogliono farti credere. Una madre non sarà mai perfetta semplicemente perché nessun essere umano lo è. La  realtà assodata è che qualunque catastrofe naturale, e non, sarà sempre ricondotta ad un comportamento colposo o doloso di una madre. Perfino i bambini “lo sanno”, e quando sono frustrati per qualche evento della loro vita sociale tendono “naturalmente”a prendersela con la madre.

Volere un figlio rappresenta un desiderio così grande che è meglio vederlo realizzato prima di esternarlo pubblicamente, infatti il web pullula di: donne (femministe) già madri che parlano quasi solo positivamente di maternità, a volte in tono fastidiosamente melenso; così come di donne (femministe) che rifiutano la maternità perché non la desiderano, a volte con toni sottilmente denigratori nei confronti di chi fa altre scelte . Laddove mi capita di ravvisare queste “fazioni” mi viene una pena incommensurabile , le semplificazioni non mi sono mai piaciute(e mi viene in mente Crozza).

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fontefoto

Sulle politiche – prosegue  Ferro – a sostegno delle donne, la Provincia di Catanzaro è sempre pronta a ricevere proposte e suggerimenti, ma certo non può accettare alcuna lezione dalle epigoni di un femminismo radicale e un po’ snob e che forse considerano una scelta reazionaria e quasi vergognosa quella di dare alla luce un figlio.”fonte 

Questa era parte della risposta della presidente della provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, ad un documento in cui contestavamo con alcune compagne  all’Amministrazione Provinciale di Catanzaro di aver promosso per l’8 marzo del 2011  un’iniziativa i cui proventi sarebbero stati destinati ad un centro locale del cosiddetto “Movimento italiano per la Vita” . Una critica politica, la nostra, che ebbe come risposta un attacco personale, che mi parve al contempo ridicolo (perché eravamo per lo più madri, “ignote”), offensivo (verso il femminismo), vendicativo (verso il genere) e ignorante. Ma quanti stereotipi si possono tirar fuori in poche righe e quanti danni si possono fare con un solo gesto, rispetto alla maternità? L’iniziativa, dissero, era contro ogni forma di violenza sulle donne.

Ps

Scherzando al telefono con un’amica: << T’immagini che incubo e che nemesi per la gentaglia bigotta no choiche se i figli e le figlie delle femministe si moltiplicassero “invadendo”fisicamente il mondo?>> – << Ahahahah! …..ah, beh, ma io non ho mica intenzione di salvare il mondo, eh!>>


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