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Dire che i giorni sono volati, è banale quanto vero. Certe volte penso ancora che Dan sia incinta: e non siate pessime comari pensando che il perché è in quei chili da buttare giù, anzi per quello a mio avviso è anche troppo in forma.
I giorni sono volati, dicevo, anche se quelli passati all'ospedale sono stati densi. Ogni minuto è strisciato via al tempo, con una lentezza viscosa, quasi annoiato. Come noi, con quella noia e quel tedio, che si mescolavano alla preoccupazione. Ma via a questo non ci voglio nemmeno pensare, come dicevo, sembra che vada tutto bene. Passano veloci persino quelle ore notturne, quando Tea attacca con dedizione e impegno, il suo turno da nottambula. Si dorme poco, è vero. Si pensa tanto, e questo è il lato buono. Anche se i pensieri la notte, sono spesso troppo in bilico e cedono facilmente il passo a qualche paranoia. Non smetterò mai di essere ansioso, ahimé!, - e ahité!, Tea - e poi non credo che sia questo il momento per farlo.
Lo smartphone che ho sempre in mano, in questo m'aiuta a metà, perché se è vero che ci si può consolare per ogni dubbio e trovare ampio campo di risposta, è altrettanto vero che a quel dubbio di solito nelle risposte intercettate si amplifica con altri. Si va d'istinto, più o meno, comunque. Come hanno fatto tutti, come fate tutti. La natura è straordinaria: quando leggevo che i genitori già nelle prime settimane riescono a capire - prendete con le pinze - il tipo di pianto dei figli, non ci avrei mai creduto. Adesso non voglio fare quello che, ma più o meno riesco a dare un'interpretazione veritiera del se piange per noia o ricerca d'attenzione, per fame, perché deve essere cambiata o per qualche doloretto. Oppure lei è benevola e ci accontenta: nel senso che fa finta che quando interveniamo, poi vada bene. Così, per farci credere dei buoni genitori. Noi ci proviamo, però.
Il dolore: credo che Tea non abbia mai ben distinto cosa sia o non sia. Dicono che nascere è uno dei passaggi cruciali della nostra vita. Scavalcare verso quella vita è un'esperienza traumatica e dolorosa, figurarsi se dopo nemmeno un secondo in questo mondo ti ritrovi con un braccio rotto?! Chissà che cosa avrà provato è una delle domande con cui mi sparanoio in notturna, adesso visto che questo blog serve anche da psicoanalisi gratuita - per me - ve la rigiro.
Tornando al discorso della natura e della sintonia che si crea tra noi (genitori) e loro (figlio), c'è un aspetto su cui abbiamo riflettuto parecchio con Dan - e anche di giorno, liberi dal buio. E riguarda il fatto che sembra assurdo pensare che tua figlia è una persona di cui ti innamori appena la conosci. Non esiste niente di simile - e non pensate ai colpi di fulmine - perché in fin dei conti con tutti gli affetti della nostra vita, il percorso è più o meno lungo, segnato dal tempo e dalla condivisione. Pensate agli amici, agli amori, perfino ai genitori: quell'amore si costruisce negli anni. Con un figlio non è così. Lo ami da dieci secondo dopo che è atterrato in questo pianeta.
Poi, che c'entra: quando non dorme un bel vaffanculo ti esce, ma con amore éh!
p.s. su 'sto post, c'è una serie di cose mischiate, buttate là, tipo spunti, che varrebbero ognuna un tomo di mille pagine. Ma rappresenta bene quel che mi sento in questi giorni. Un miscuglio di sentimenti e di emozioni, di paure e ansie, di gioie e stanchezza. E so che è così che deve essere.
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