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Quando Vendola comincia con la sua “narrazione” a me si contraggono i muscoli dello stomaco e dell’intestino. La fatica che fanno le parole ad uscire dalla sua bocca mi provocano un’ansia che non so descrivere. Oltretutto si cimenta nella pronuncia di vocaboli non esattamente semplici. Quando parla sembra che gli abbiano scritto i testi Franco Battiato o Carmen Consoli. Non so come abbia fatto, con quel linguaggio, a convincere il pugliese medio a votarlo. Forse in Puglia si parla così. Forse in Puglia “contumelia” e “turlupinato” sono parole di uso comune. Ma non è questo il punto.
Il punto è che Giovedì scorso, ad Annozero, Vendola ha avuto tre o quattro volte l’occasione di segnare a porta vuota ed ha sparato il pallone in curva.
Quando, dopo l’ennesima volta in cui, con la sua “narrazione”, dipingeva la realtà attuale del nostro paese e indicava la necessità di costruire una “narrazione” diversa da quella Berlusconiana e di indicare un modello e un sogno diverso da quello Berlusconiano, per far uscire dalla precarietà un popolo intero e intorno a cui aggregare tutte le forse di centro sinistra, a turno e più volte, Irene Tinagli e Nicola Porro gli hanno chiesto due cose da fare, due provvedimenti concreti con i quali cominciare ad uscire dallo scenario da lui dipinto.
Santoro lo ha pure aiutato. Gliene ha chiesto uno solo perché doveva andare in pubblicità. Ecco a quel punto Vendola a ricominciato con la “narrazione” andando a spulciare il dizionario dei sinonimi e dei contrari e ha ridetto per la decima volta in mezz’ora la stessa cosa ma, ovviamente, non ha risposto alla domanda. E ha continuato a non farlo per tutta la trasmissione.
E tu sei li che guardi e pensi: adesso glielo dice, adesse gliele canta, adesso vedi come te lo dipinge bene con tutte quelle parole il sogno del paese che vorresti, ora lo vedi che esplosione di idee.
Ed invece no. La filastrocca a memoria. La narrazione, ancora una volta. E ti si sbriciolano le palle.
Perché te un paio di cose da fare le sapresti. Per questo ti prende la rabbia. Come quando l’attaccante della tua squadra un po’ sfigata si trova davanti alla porta spalancata e sta per mettere dentro il pallone della prima vittoria dopo tanto tempo ed invece, quando sembrava più difficile sbagliare che farlo, lui sbaglia. Ti fa rabbia, perché sei quasi sicuro che quello lo avresti segnato anche tu.
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