E venga il caos

Creato il 02 gennaio 2012 da Conflittiestrategie

Ha detto Monti che i conti torneranno. Invece, tutta l’aristocrazia del denaro e i baroni della crapula a spese dello Stato non sono mai andati via, non si sono mai staccati dai propri privilegi mentre l’Italia veniva infilzata dallo spread e dai mercati. I nobili ed i notabili decadenti ed improduttivi, per non decadere del tutto, si sono messi a disposizione dei principi stranieri offrendo l’appoggio di  un governo collaborazionista che toglie a chi lavora per dare al parassita ed al liquidatore di beni strategici. Gli sciamani della salvezza nazionale per rimediare ai nostri malanni economici sono arrivati ad invocare ed ottenere l’ascesa al potere degli déi minori della finanza ristretta e della piccola accademia locale nella convinzione di poter placare, per affinità parentale, l’ira delle divinità mondiali onnipossenti che già ci colpivano con le loro saette geopolitiche. Il risultato è che ora arrivano fulmini da tutte le parti. I dioscuri Napolitano e Monti sono i principali responsabili di questa punizione apocalittica. Stanno realizzando un sacco contro la patria, con scasso della sovranità nazionale, celando la loro manovra con i rituali della responsabilità e con le astruse formule tecniche che anziché segnalare la loro competenza indicano soltanto la loro arroganza. Il Paese non è più in grado di decidere per se stesso, riceve ordini dall’estero via telefono (ma soprattutto telepaticamente) e rinuncia alla sua indipendenza per potersi affiancare al tavolo dei prepotenti in posizione defilata e riversa. Prega in ginocchio per non essere ulteriormente percosso ma la posizione assunta non ispira nessuna pietà negli aguzzini. Questa condizione di minorità internazionale non ci porterà da nessuna parte perché dell’Europa, senza coraggio e coscienza, concepita dagli Usa come un cuscinetto, noi siamo diventati il misero lettino. A brandelli sulla branda in cui siamo stati legati ogni giorno gli avvoltoi vengono a mangiarci il fegato e la speranza. E’ vero quanto dicono molti analisti e cioè che questa crisi non può essere risolta esclusivamente dall’interno in quanto la sua natura è sovranazionale. Anzi, più ci diamo dentro con sacrifici ed immolazioni sull’altare della borsa più bruciamo le nostre possibilità di ripresa. Tuttavia, il fulcro del problema non è monetario, non dipende dalla debolezza dell’euro, dall’assenza di una linea fiscale unitaria, dal ruolo della BCE ecc. ecc. Semmai questi sono gli effetti infausti di una inesistente integrazione comunitaria che copre il vuoto politico intorno a cui il Continente ha costruito il suo tempio comune. Le catene che ci tengono stretti a Bruxelles sono dunque immaginarie, non esistono anche se tintinnano, eppure non riusciamo a muoverci ed a spezzare l’incantesimo. Più dei catenacci europei sono le nostre gambe inferme e pesanti ad impedirci di scattare fuori da questo incubo chiamato Ue, mentre i nostri “partners” cercano di coprirsi dalle raffiche sistemiche conciando la nostra pelle. L’unica forza politica che non si è accodata alla processione dei partiti col capo cosparso di cenere, al corteo dei finti cordoglianti che funeralizzano il futuro del popolo italiano è la Lega. Forse più per calcoli elettorali che per sincero sentimento sociale. Ad ogni modo le sole “bestemmie” contro i semidei del semistato che hanno semi-distrutto la Costituzione innalzandola più in alto per affossarla meglio sono uscite dalle bocche dei torvi federalisti. Calderoli ha praticamente chiesto l’impeachment di Napolitano anche se per la strada arzigogolata di una Commissione d’inchiesta parlamentare. E sono stati altri colleghi dell’ex ministro, verdi non più come leghisti ma ormai solo come marziani rispetto ai mutanti istituzionali lobotomizzati dalla tecnica, a sollevare più volte il conflitto d’interessi e ad attirare l’attenzione sugli addentellati di Monti con massonerie e poteri marci mondiali. Se il movimento di Bossi non si fosse fatto corrompere così a lungo dall’aria pestilenziale romana ci sarebbe da augurarsi che le minacce separatiste riuscissero finalmente ad incanalarsi in un seguito di piazza e di tumulto. Chissà che non sia proprio lo spauracchio più temuto degli ultimi decenni, quello della secessione, a diventare la scintilla di un sommovimento col quale innescare tendenze di malcontento e di rivolta in tutta la Penisola, da nord a sud. Fino al disordine generale. Dopo il casino berlusconiano e il casinò montiano col banco che perde sempre chiediamo il caos ingovernabile anche per il protettorato che ora sta giocando di sponda con le potenze estere per assicurarci una lenta e dolorosa agonia. Il crollo totale sta diventando un auspicio, proprio come nei primi anni del secolo scorso allorché, da Salvemini a Bordiga, si sperava che qualcuno o qualcosa spazzasse via lo Stato liberale ormai marcio nella fondamenta.  Abbiamo superato il punto di non ritorno e gli iettatori di gabinetto tentano ancora di raggirarci con i conti da far tornare. Meglio che venga giù tutto per provare a ricostruire il tempo e lo spazio di un’ Italia libera e padrona del suo destino.


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