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E45 ed il bene comune, i voraci oligarchi alla riscossa

Creato il 30 novembre 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Avete sentito tutti giorni fa -primi di novembre- che il governo e il ministero hanno approvato l’idea di trasformate l’E45 in autostrada da Cesena a Orte, ovviamente a pagamento qualunque sia l’imbonimento che vorranno far credere alla povera popolazione dell’Umbria.
La verità è che siccome di soldi lo stato non ne ha, verranno solleticati capitali dei privati, i quali per remunerare se stessi –naturaliter- spingeranno al massimo per far pagare il pedaggio anche ai gatti che improvvidamente volessero attraversare la strada: non è possibile non far pagare gli umbri (come promettono i politici), perché allora anche i romagnoli dovrebbero non pagare sul loro tratto, i toscani, i laziali… Io sono il più indicato a criticare quest’opera perché non sono sospettabile di pregiudizi contro la modernità, infatti mi ritengo nettamente a favore del nucleare, dell’alta velocità ferroviaria, degli inceneritori, del ponte sullo stretto, del m.o.s.e. di Venezia, della variante di valico, dei rigassificatori, degli ogm, di gallerie e autostrade in generale.
Ma questa trasformazione dell’E45 da superstrada ad autostrada mi sembra proprio uno sproposito col botto, per il motivo che non ce n’è alcun bisogno stringente, nessuna indispensabilità, nessuna differenza strategica sul futuro delle importantissime infrastrutture italiane ed europee. Basta una migliore manutenzione e magari un allargamento su certi punti, ma niente più. Che volete che cambi se quel tratto viene percorso con un raggio di curvatura un pelino più stretto o una pendenza leggermente maggiore? Sempre quattro
corsie/due carreggiate è, e quindi un accettabile deflusso è garantito comunque.
Dieci miliardi è il costo preventivato dell’autostrada, a fronte di meno di un miliardo per la semplice miglioria. Dieci miliardi che spiegano tutto.
La politica dell’Umbria che conta non ha fatto una piega e approva (con le solite eccezioni irrilevanti, se non di maniera), addirittura al tg3 abbiamo visto l’intervista tutta compiaciuta al presidente dei cosiddetti industriali (in Umbria, come nel meridione, confindustria è in mano
ai costruttori edili dipendenti dalla politica), il quale ha gongolato: “…è una manna per lo sviluppo dell’Umbria”, “per il lavoro”, “per le imprese”.

Qui si impone qualche chiarimento sulle parole che vengono usate.
Lavoro, sviluppo, umbri, imprese, miliardi. Il lavoro per gli umbri non ci sarà perché gli operai che vediamo sulla Ancona-Perugia e sulle altre opere in costruzione sono tutti stranieri o di fuori regione, anche nei subappalti
alle imprese locali. Sviluppo è quando la spesa si rivela un investimento (spesa remunerata in un tempo definito), cioè capace di generare produzione di ulteriore ricchezza nelle industrie locali, nei commerci, in servizi resi migliori o possibili dall’opera pubblica realizzata. Ma qui non si tratta di investimento bensì di spese a fondo perduto.
Perduto fino a un certo punto, perduto per noi ma non per coloro che banchettano attorno alle opere pubbliche non indispensabili e inutili, ma comunque costosissime. Costosissime, la qualità che maggiormente viene ricercata.
Dieci miliardi per la gioia del presidente degli “industriali” ma a carico di noi cittadini oberati di tasse, che sono oberanti proprio perché da quarant’anni non prestiamo attenzione a che le opere pubbliche siano un vero investimento, bensì ci accontentiamo dei gridolini di giubilo di presidenti e direttori, che possiedono le tv, i giornali, le università e dunque possiedono i
nostri pensieri e umori.
Imprese? Impresa vera è quella che produce ricchezza, che una volta prodotta è necessariamente per tutti, benefica in sé. Ma le cosiddette imprese che di ricchezza succhiano (mediante le tasse) quella prodotta da altri, al fine di banchettare attorno ad opere pubbliche non indispensabili quindi inutili e dannose, non sono imprese, lo sono solo per il tg, per i professori ciarlatani prezzolati dalla repubblica degli appalti, per i politici
oppressori.
Ecco la catena di comando: partiti, “imprenditori” ammanicati (meglio detti prenditori), sindacati compiacenti, giornalisti e tg. Manca il vescovo così poi siamo a posto. Ma la loro controparte siamo noi. Essi sono i nostri nemici, la causa dell’impoverimento generale e di oligarchie sempre più ristrette e voraci. Le istituzioni (parlamenti,  ministeri, regioni, enti locali)
sono diventati strumenti per confezionare queste trappole, macchinette mangiasoldi, nelle mani degli oligarchi. Come in Russia. Si chiama processo di ri-feudalizzazione della società.
I Nobili di nuovo hanno ucciso il Borghese e sono tornati a schiacciare il Popolo.
Luigi Arch. Fressoia



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