Recentemente l’Asia Orientale si è trasformata nel palcoscenico di un nuovo “dramma asiatico”, poiché grandi, medie e piccole potenze si sono riunite nella regione per la più intensa diplomazia di potere da molti anni a questa parte. La convergenza di attori chiave, dal vario grado di influenza e dimensioni, non ha precedenti, eppure i risultati attesi dagli sforzi diplomatici per gestire i contrastanti interessi in Asia sono ancora molto lontani. Il pieno impatto del gioco di potere che si sta svolgendo non sarà chiaro ancora per qualche tempo. Quello che è certo, tuttavia, è che qualcosa di enormemente significativo ha appena avuto luogo.
Parecchie dimensioni di questo gioco di potere si sono manifestate tutte in una volta. In primo luogo, la potenza più affermata del mondo, gli Stati Uniti, ha esteso il suo “perno” o il suo ribilanciamento strategico verso l’Asia. La presenza del Presidente Obama al settimo East Asia Summit (EAS) di Phnom Penh il 20 novembre 2012 ha sottolineato la sua autoimmagine di “primo Presidente del Pacifico” statunitense. Espandendo il perno strategico al Sud-Est Asiatico, ha riesumato un vecchio trattato di alleanza con la Thailandia; ha compiuto una storica visita in Myanmar per sostenere l’incipiente riforma politica di quel paese; e ha simbolicamente ammonito la Cambogia per la sua repressione interna.
All’EAS, il ribilanciamento USA è culminato in un diretto impegno con la Cina – una potenziale rivale nonché prossima potenza emergente in Asia – che sarà guidata nella prossima decade da una nuova leadership il cui atteggiamento verso gli Stati Uniti e il Sud-Est Asiatico rimane ancora non sperimentare. L’impegno USA-Cina sul terreno dell’ASEAN è stato la manifestazione di due obiettivi contrastanti – la competizione per l’influenza in Asia da parte di due potenze che pure avevano dichiarato il loro mutuo desiderio di una maggiore cooperazione in quanto più grandi economie del mondo. La Cina vede il perno come un accerchiamento condotto da Obama per ostacolare la sua pacifica ascesa.. All’EAS la Cina ha perciò replicato a tutto ciò con pressioni per tenere gli Stati Uniti fuori dalle controversie di Pechino con diversi Stati dell’ASEAN circa il Mar Cinese Meridionale.
L’assertività di Beijing nel plasmare la risoluzione della disputa nel Mar Cinese Meridionale è stata la seconda dimensione del gioco di potere. Questo ha portato ad un ripetersi della bagarre per procura e a divisioni interne all’ASEAN causate dalla cattiva gestione delle istanze divisive da parte dell’ospite Cambogia. Per la prima volta nella storia dell’ASEAN la bozza di dichiarazione conclusiva redatta dal presidente è stata apertamente contraddetta e corretta da altri leader dell’ASEAN per le sue “imprecisioni”. Hun Sen – manifestando il suo desiderio di compiacere Pechino – ha indebitamente dichiarato che i leaders hanno raggiunto un consenso sul non “internazionalizzare il conflitto”.
Il terzo livello del gioco di potere è stata l’entrata in una nuova gara per l’influenza economica e la preponderanza: l’ASEAN ha ufficialmente lanciato la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) per raccogliere le principali economie asiatiche in una dinamo integrata per la crescita. La RCEP, una enorme zona di libero scambio probabilmente dominata dalla Cina grazie alla sue stesse dimensioni, è una potenziale rivale della Trans-Pacific Partnership (TPP) a guida USA. Manifestando un ulteriore livello del braccio di ferro diplomatico, Cina, Giappone e Corea del Sud, all’interno della RCEP, formeranno la loro zona di libero scambio Nord-orientale in Asia nonostante le attuali tensioni interne causate dalle dispute sul Mar Cinese Meridionale. In caso di successo, il loro FTA trilaterale metterà in ombra la ASEAN Free Trade Area (AFTA) a causa del peso economico delle tre economie nordest-asiatiche.
La RECP è una intelligente mossa strategica dell’ASEAN per compensare il deficit del proprio progetto di integrazione regionale, l’ASEAN Community 2015. Con soli tre anni di fronte, gli analisti sono scettici circa la possibilità di una comunità ASEAN pienamente integrata dato l’ostruzionismo da parte di alcuni membri alla liberalizzazione economica e il divario tra i più avanzati e i nuovi Stati membri.
L’emergere di RCEP, TPP e AFTA, accanto al forum di vecchia data APEC e al futuro accordo trilaterale FTA di Cina, Giappone, e Corea del Sud è più che una coincidenza. Esso riflette ciò che il Segretario di Stato Hillary Clinton ha descritto come il potere strategico delle forze economiche – l’ascesa dell’“economia di potenza” e della “potenza dell’economia”. Anche se attualmente in competizione, la RCEP e la TPP potrebbero prendere una svolta positiva nel lungo periodo e finire per fondersi in un’unica grande zona di libero scambio chiamata Free Trade Area of the Asia Pacific.
Il gioco di potere asiatico può avere uno di questi due possibili esiti per l’ASEAN. In entrambi i casi l’ASEAN viene calpestata dalle nazioni più potenti, o sopravvive mantenendo la coesione. Ciò che abbiamo appena visto in occasione dei vertici regionali consecutivi è che l’ASEAN fatica a indirizzare se stessa trovandosi tra l’incudine e il martello. Tuttavia la motivazione è sempre la stessa: la sopravvivenza a fronte della crescente pressione della concorrenza delle forze a sua volta forma l’architettura in evoluzione nel Pacifico asiatico.
Ancora una volta sono state esposte le debolezze intrinseche all’ASEAN causate da interessi in conflitto tra i membri. Eppure, allo stesso tempo, è evidente il desiderio prevalente di rimanere in cima al gioco di potere. Il gruppo ha una parola in codice per questo compito erculeo: la “centralità nell’ASEAN”. La battaglia per la centralità nell’ASEN non è certo finita. L’EAS di Phnom Penh è stato solo il primo capitolo. Nel corso dei prossimi anni, in particolare verso il 2015, un nuovo dramma potrebbe aver luogo visto che la geostrategica bagarre si fa più intensa e complicata, mentre l’ASEAN cerca un passaggio sicuro attraverso i giochi di potere che si svolgono tra i giganti.
(Traduzione dall’inglese di Romina Gurashi)