East Journal compie due anni. Da dove veniamo e dove andiamo

Creato il 18 marzo 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

East Journal, se avesse quattro ruote

Da una mansarda torinese

Il 15 marzo è il compleanno di East Journal, e quest’anno ne facciamo due. Nato in una mansarda umida e malsana come piccolo blog personale è presto diventato un progetto, seppur timido, di giornalismo partecipativo: un annuncio posto in homepage del sito ha attirato l’attenzione di Claudia Leporatti, all’epoca fresca di laurea in giornalismo ed emigrata a Budapest in cerca di fortuna e così, da uno, siamo diventati due. Lungo la strada si sono uniti altri amici sparsi per mezza Europa. Amici di strada, che mai ho conosciuto prima e che taluni ancora oggi devo conoscere di persona. Internet ci ha dato la possibilità di unirci nel desiderio di raccontare quella parte di continente a noi più cara. L’arrivo di Gabriele Merlini, Filip Stefanovic, Gaetano Veninata, Massimiliano Ferraro, ha dato la prima impronta (geo)politica alla linea editoriale. Da Sarajevo ha preso a scriverci Giorgio Fruscione e di ritorno dalla Romania si è unita anche Silvia Biasutti: il nucleo storico della redazione era fatto. L’arrivo di Davide Denti ha aperto il nostro orizzonte ai temi europei poiché ci sembrava limitante raccontare l’Europa orientale senza inserirla nel più ampio quadro del percorso di unità europea convinti che proprio da “est” possa arrivare l’energia necessaria per risollevare le sorti di un continente (oggi lo vediamo bene) in crisi. Per un lasso di tempo ci ha accompagnato Luca Bistolfi, voce “contro” del nostro gruppo: necessario contraltare alla nostra ingenuità progressista. L’idea di fondo era, ed è, che tutte le posizioni politiche, ideologiche, valoriali, possano coesistere all’interno di un unico ente informativo allo scopo non già di dare risposte al lettore ma di confonderlo (come anche noi lo siamo) con una molteplicità di domande e punti di vista.

East Journal, se avesse un muro

Il gruppo di oggi si è arricchito di presenze, da Silvia Padrini a Valentina Di Cesare (che ha aperto una finestra al lontano Iran), da Damiano Benzoni (corrispondente da Bucarest) a Pietro Acquistapace (esperto di Asia centrale, gasdotti e altri intrighi) fino ad Aron Coceancig. L’età media è di ventisei anni. Studenti, precari, emigrati, sottopagati, abbiamo deciso di reagire a chi ci vuole bamboccioni, ignoranti, incapaci. Decisi a dare qualità al nostro lavoro abbiamo voluto conformarci alla legge, registrando la testata in tribunale nel giugno 2011 e diventando (anche penalmente) un vero giornale. Un quotidiano addirittura. Grazie all’attività della redazione e di molti collaboratori riusciamo a pubblicare oggi fino a tre notizie al giorno. East Journal è anche la nostra reazione al malcostume di un mestiere, quello giornalistico, nel quale sfruttamento e opportunismo sono parole d’ordine. La prassi di non pagare gli articoli, da parte degli editori, e di fare contratti capestro ai giornalisti in modo da tenerli “al guinzaglio” non cessa di nausearci.

East Journal, se fosse un film

I collaboratori “blasonati”

Il tempo è stato galantuomo e sono arrivati i primi collaboratori “blasonati”: Jasmina Tesanovic (forse la più grande giornalista serba in circolazione), Giovanni Bensi (voce storica dell’est, già ai tempi di Radio Free Europe, oggi corrispondente da Mosca per l’Avvenire, e per noi), Christian Eccher (docente di italianistica a Novi Sad, allievo di Asor Rosa, De Mauro e Matvejevic), Giovanni Catelli (scrittore, poeta, ma soprattutto viaggiatore dell’est).

East Journal, se avesse un Dio

Un luogo d’incontro tra vecchi e giovani

Lo sguardo ora spazia dai temi prettamente politici alle questioni economiche che, con la crisi in corso, diventano fondamentali per capire dove sta andando l’Europa. L’europeismo si è fatto critico, e il progetto Europa Futura è diventato un punto d’incontro sui temi della democrazia attraverso interviste a intellettuali ed esperti, da Gustavo Zagrebelsky a Massino Fini, da Loretta Napoleoni a Slavoj Zizek a Franco Cardini. Ma se incontro deve essere, allora ai “vecchi” devono unirsi i “giovani”: voci comuni, nient’affatto famose, che ragionano sull’idea di Europa e di democrazia.

La casa editrice e i nostri lettori

Non contenti abbiamo aperto anche una nostra “casa editrice” nella quale pubblichiamo brevi testi di saggistica, reportage fotogiornalistici, senza dimenticare il nostro magazine. E tutto questo, ci tengo a dirlo, senza guadagnare un soldo. Come vedete non abbiamo un editore né ricorriamo alla pubblicità. Siamo poveri, forse per questo liberi. Liberi di incontrarci e scontraci con i nostri lettori da cui sempre abbiamo appreso lezioni importanti. Perché chi ha già l’arroganza di ritenere che la propria voce debba essere degna d’ascolto, non può avere anche quella di salire in cattedra e insegnare agli altri cosa e come. La distanza tra lettore e giornalista va azzerata. Questa è la vera partecipazione, l’incontro è la base della democrazia che nel nostro piccolo vorremmo contribuire a costruire. Chi ci accusa d’esser pavidi nel nostro occuparci d’esteri anziché d’Italia deve comprendere che quel che cerchiamo di fare è un diverso modo di informare. Un’informazione che non venda verità ma che sappia incontrare a metà strada i cittadini, i lettori, attraverso un confronto franco ma sereno. E questo, secondo noi, è un piccolo ma concreto modo di agire anche nel nostro Paese. Per il continuo pungolo e stimolo ringraziamo, tra i nostri lettori,  Emilio Bonaiti, che è stato finora il più prolifico commentatore dei nostri articoli.

East Journal, se avesse certezze

Presto il nuovo sito di East Journal

Certo, non possiamo darci arie da avanguardia. Siamo una piccola realtà, con i nostri 30mila utenti unici mensili non possiamo concorrere con il Wall Street Journal ma siamo diventati una solida realtà che ha deciso di fare altri passi in avanti. Per questo stiamo allestendo un nuovo sito, più professionale, capace di dare più informazioni ai lettori. Ci sarà una pagina culturale più strutturata e completa, poiché conoscere l’Europa orientale è impossibile senza conoscerne la cultura e la storia. Avvieremo un osservatorio sui diritti delle minoranze sessuali, a est più calpesti che a ovest, e approfondiremo gli osservatori già esistenti: dall‘ estrema destra alle strategie energetiche, dal crimine organizzato alle minoranze etniche. Quella che non muterà sarà la nostra area d’interessi: l’Europa orientale fino all’Asia centrale, alla Turchia e all’Iran. Più di quaranta Paesidi cui cerchiamo di raccontare le vicende senza compartimenti stagni, però.

East Journal, se avesse un sesso

Speriamo di riuscire a mantenere lo spirito ludico e brancaleone che ci ha animato fin qui e chiediamo a voi di avere pazienza quando sbagliamo, poiché perfetti non siamo, ma disonesti intellettualmente nemmeno. Spesso ci imputano di essere troppo duri con certi Paesi, rei di mostrare solo i lati negativi. Può esser vero. Ma se sbattiamo in prima pagina la corruzione romena o croata, i crimini di guerra serbi o bosniaci, la mafia kosovara o russa, i fondamentalisti musulmani o cristiani, è perché è nostra speranza che quei Paesi si salvino dai loro tarli: il nazionalismo, il populismo, la malapolitica. Lo facciamo perché un giornalismo onesto non può esser partigiano ma deve mostrare le ombre anzitutto di ciò che ama.


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